Sabato 21 Dicembre 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Vengo anch’io? Sì tu sì Al Lido il sorriso di Jannacci

Fuori concorso a Venezia il documentario di Giorgio Verdelli sul mitico Enzo. Centinaia di filmati e foto. C’è anche il ricordo di un commosso Vasco Rossi. .

Vengo anch’io? Sì tu sì Al Lido il sorriso di Jannacci

di Giovanni Bogani

Vale la pena di vederlo, Vengo anch’io, il film di Giorgio Verdelli su Enzo Jannacci. Di ascoltare Vasco Rossi, Bisio, Roberto Vecchioni che parlano di lui. Vale la pena di rivederlo, lunare, surreale, con quegli occhiali dalla montatura nera anni ’60, con quel sorriso folle, da Joker. Vale la pena di sentirsi scorrere addosso la sua disperata allegria.

In Enzo Jannacci – Vengo anch’io di Giorgio Verdelli, presentato ieri fuori concorso a Venezia e nelle sale italiane l’11, 12 e 13 settembre, troviamo Enzo Jannacci, folletto in smoking che canta insieme a Giorgio Gaber. Ma anche Enzo Jannacci struggente, con un pianoforte e quello strano sorriso, che a cinquant’anni gli si era disegnato sul volto, sostituendo quello precedente. Lo stesso sorriso esplosivo di prima, ma con una nota di consapevolezza, di amarezza in più. Claudio Bisio che dice "è stato lui la mia ispirazione: mi manca la sua voce".

Manca a tutti la sua voce, la sua follia musicale, la sua capacità di raccontare il presente, le contraddizioni della vita, la malinconia in canzoni come Mario: "Mario, ma tu guarda i miliardi che spendono a prendere sassi alla Luna nel cielo: questi prendono, vanno, vengono, non fanno niente, solo un volo. E noi quaggiù ci sbraniamo, gridiamo ti amo, ma chi la sente la povera gente?".

Nel documentario ci sono centinaia di filmati, di fotografie degli anni ’70, di interviste più recenti. Di testimonianze. C’è Jannacci che saltella, si sbraccia, folle, popolare, romantico. Jannacci che si inventa testi impossibili, Jannacci che canta Quelli che…. E Vasco Rossi che legge, commosso, una lettera scritta a penna che il cantante gli aveva scritto, poco prima di morire.

Potremo entrare nel mistero buffo di uno dei geni più sregolati, più incredibilmente intelligenti e creativi della storia del Novecento musicale. Un talento prepotente, un surrealista della musica leggera. "Sono anni che pensavo a questo film", dice Giorgio Verdelli, autore di un documentario su Ezio Bosso e uno su Paolo Conte. "L’ho frequentato da quando avevo vent’anni: gli sono stato amico, e l’ho seguito professionalmente. Arrivando al decimo anniversario della sua scomparsa – Jannacci è scomparso il 29 marzo 2013 – ho iniziato a lavorare a questo documentario insieme alla famiglia e ai suoi amici".

Perché Jannacci è ancora importante? "Perché è stato un grandissimo inventore di frasi, di situazioni, di personaggi. La cosa che mi dà fastidio è che Jannacci sia stato immeritatamente ridotto al cliché dell’artista “simpatico“, “buffo“, al saltimbanco. In realtà ha fatto anche canzoni profondissime, tenerissime, tragiche, come sottolinea nel documentario Roberto Vecchioni. È l’unico che ha avuto questa capacità di mescolare il tragico e il ridicolo".

Paolo Jannacci, musicista come il padre – e suo sosia – con generosità ha fornito materiali inediti al regista. "Di questo film e di questa accoglienza, papà ne sarebbe fiero, ma direbbe “Non merito di stare qui con tutti voi“. È l’insegnamento dell’umiltà che noi artisti dovremmo avere". Enzo Jannacci. Un irregolare, uno "fuori posto" anche nella sigla di Canzonissima. Diverso, con il suo volto, con la sua anima. Un Buster Keaton dello spettacolo italiano. Vale la pena di spiare, di scrutare Jannacci nelle immagini di questo documentario. E vedere, di nascosto, l’effetto che fa.