Roma, 7 giugno 2023 – Never Ending Vasco. "Su sette San Siro la prossima estate ci conto" dice il Komandante. "Quest’anno non ci sono andato perché c’erano troppe superstar. Ma il prossimo ho intenzione di prenotarlo per un mese… Dieci concerti? Non vorrei alzare troppo l’assicella, ma sette sì. D’altronde ogni artista ha il pubblico che si merita".
E il suo è un mare di facce colorato e impetuoso, che ieri l’ha atteso per cinque ore sotto la pioggia di Bologna per mettere le ali a un debutto destinato a trascinare nel culto di Albachiara oltre 450mila anime, 160mila solo nelle quattro repliche all’ombra di quella Torre Maratona sotto cui si ferma fino a lunedì prossimo, per poi muoversi verso Sud, con tappe a Roma, Palermo e Salerno. "Non ne faccio una questione di numeri" assicura Rossi, però "pure nel rock le misure contano".
Come già nelle due anteprime riminesi della settimana scorsa, in cui il Kom dietro la maschera dell’eroe senza macchia e senza paura aveva lasciato affacciarsi quella del solidale vicino alla sua regione alluvionata. "Questa sera siamo qui – ha esordito – a dare un po’ di gioia a questa terra ferita ma orgogliosa e fiera. Evviva e forza Emilia Romagna!".
La scelta poi di aprire i 160 minuti di maratona con Dillo alla luna e la crudezza di un “La voglio in faccia la verità E se sarà dura La chiamerò sfortuna Maledetta sfortuna“ mostra subito le intenzioni del nuovo kolossal rock.
"Oggi più che mai la narrazione nell’aria è edulcorata, si pensa solo al consenso – dice Vasco, scatenato –. Sento in giro molte favole, gran bei discorsi, non decisioni solidali. Della distinzione destra o sinistra non me ne frega un ca**o, qui il punto è che questi politici non fanno gli interessi del paese, ma raccontano str***ate raccontando una grandeur dell’Italia che io non vedo. L’Italia non conta niente nel mondo, ragazzi, siamo un paese piccolissimo. E ringrazia se siamo in Europa".
Meglio la musica. La sua. "La musica può portare gioia, energia, voglia di vivere, risolverti l’umore di una giornata – dice – Può convincere commuovere coinvolgere, ma anche provocare. L’artista, come lo intendo io, deve provocare le coscienze per mantenerle sveglie. Chi capisce capisce, chi non capisce s’innervosisca… che va bene. Così, magari si sveglia".
Nel ventre in tumulto dell’ex “Littoriale”, come lo stadio – ora intitolato (dal 1983) a Renato Dall’Ara – si chiamava quando venne costruito, Rossi parla dunque anche di politica, come ha fatto a Rimini.
Veleggiando nel mare in tempesta di una scaletta anomala, ricca di imprevedibili imprevisti di ieri come Domani sì, adesso no, Non sei quella che eri, T’immagini impreziositi con la perizia di sempre da una band trascinata dalle chitarre di Stef Burns e Vince Pastano, della “guest star” Claudio Golinelli al basso e di new entry come Antonello D’Urso all’acustica e Roberta Montanari ai cori, più un’intera sezione fiati di tre elementi.
"Dischi nuovi non ne ho in programma, però un pezzo nuovo sì, lo sto scrivendo ora" anticipa Vasco Rossi, prevenendo domande e curiosità. "Ospite a Sanremo? Il microfono che m’ero messo in tasca nell’82 l’ho riportato (nel 2005 a Paolo Bonolis - ndr) e per andare in gara… non ho più l’età".
Ma quando lo show è ormai in vista del traguardo e si prepara alla volata finale, ecco che arriva una T’immagini in cui il vate straviziato e stravissuto fa nomi, ma soprattutto i cognomi. "Meloni, Berlusconi, Salvini cosa dicono? Favole. Ma anche i comunisti e i 5 stelle, favole. Boccio quasi tutti e da radicale dico che si salvava solo Pannella, che non c’è più".