Roma, 8 giugno 2024 – E la dura pioggia ricominciò a cadere. È un fiammeggiante inizio alla Dragonheart quello che ieri sera ha travolto i 56mila di San Siro mentre Vasco affiorava dalla botola del boccascena col cuore palpitante del mostro alato alle spalle. Le immagini della metropoli spazzata dall’uragano in cui plana con la sua terrificante mole lo squamato emblema del caos che regna nel cosmo hanno avvolto il palco hi-tech adagiato tra gli spalti di Lautaro e Giroud rapendo i 56mila in tumulto – tra loro anche Emma ed Eros Ramazzotti –, mentre esplodeva la passione e l’animale "dalle voglie strane" di “Blasco Rossi” dava fuoco alle polveri col suo ruggito da mezzo milione di watt.
Un concerto "senza sconti per nessuno", aveva promesso Vasco poco prima al presidente Attilio Fontana ricevendo il riconoscimento della Regione Lombardia per i momenti epici regalati sotto le stelle del “Meazza” da quel 10 luglio 1990, quando "realizzò a San Siro il più grande evento mai messo in scena da un artista italiano, un successo ripetuto negli anni". E così è stato. Un travolgente viaggio rock "senza sfumature di grigio, solo bianco e nero" giocato dal Komandante nel cuore di una abbacinante scenografia immersiva, che ne scompone e moltiplica l’immagine come in un caleidoscopio impazzito in cui ruotano anni, stagioni, generazioni, mantenendo però sempre al centro quello sguardo straviziato e stravissuto azzurro come il mare che si portano dentro.
Frammenti di vita in bilico tra Asilo Republic e Il mondo che vorrei, Bollicine e Rewind, Sally e Gli angeli o quella Basta poco pubblicata lo scorso autunno per accompagnare in tv la docu-serie Il supervissuto. Tutto con una premessa necessaria: "Siamo qua a fare del rock e voi per assistere allo spettacolo più potente del mondo".
A prendere il pubblico alle spalle ci ha pensato soprattutto un medley in cui trovano posto recuperi eccellenti quali La strega (la diva del sabato sera), Cosa vuoi da me, Vuoi star ferma!, Tu vuoi da me qualcosa, Occhi blu, Incredibile romantica, Ridere di te.
"La musica è una benedizione" aveva detto il Kom alla vigilia dello show, "qualcosa che unisce, una sostanza spirituale che può solo unire, portare gioia e amore in questo momento storico particolarmente duro". Finale tra le fiamme di Albachiara e i fuochi d’artificio arrivati a rimandare tutti a casa. Tutto nel consueto effluvio di “eeeeh” e di diti medi al cielo.
Show tagliente figlio dei tempi, con Gli spari sopra "dedicatissima a tutti i farabutti che governano questo mondo". "Non dimenticatevi che vengo dagli anni ‘70, che non era proprio un bel periodo, non c’erano più concerti per il terrorismo" aveva detto Vasco due giorni fa dopo aver ricevuto dalle mani del sindaco Sala la pergamena di Milano. "Se in quegli anni mi avessero detto che saremmo arrivati a questo punto, con un rischio nucleare e l’intelligenza artificiale utilizzata per fabbricare fake news, non ci avrei creduto. La guerra dovrebbe diventare un tabù".
Ieri sera, in Asilo Republic Vasco ha citato pure il Presidente del consiglio nel verso "e allora vedrete con la polizia / che la situazione ritornerà / come prima / più di prima / Giorgia t’amerò (yeah) / Giorgia t’amerò". Privata della forza propulsiva di Matt Laug, in tour con gli Ac/Dc, la ritmica dello spettacolo poggia sulla batteria di Donald Renda (Emma, Annalisa, Tananai) e sul basso di Andrea Torresani (durante il bis di Siamo solo noi riappare però il “Gallo” Claudio Golinelli), mentre a strappare il popolo di Vasco dalle sedie ci pensano le chitarre di Vince Pastano, Stef Burns e Antonello D’Urso, le tastiere il “Lupo maremmano” Alberto Rocchetti e ai fiati Andrea Ferrario (sax), Tiziano Bianchi (tromba), Roberto Solimando (trombone). Ai cori "la nostra e la vostra metà del cielo… Roberta Montanari" come la definisce l’irrinunciabile direttore di palco Diego Spagnoli durante le presentazioni di rito. Con i sette concerti in calendario fino al 20 giugno Vasco raggiungerà il traguardo delle 36 esibizioni a San Siro, con oltre 2 milioni di spettatori complessivi. Sotto la luna del “Meazza” solo lui, 72 anni, e la sua generazione senza più santi né eroi.