Martedì 23 Luglio 2024
ANDREA SPINELLI
Magazine

Un tuffo nella mente-labirinto di Tim Burton

A Berlino la mostra “immersiva“ dedicata al geniale regista. Dalla bocca di un mostro l’inizio di un’esperienza attraverso quindici sale

A Berlino la mostra “immersiva“ dedicata a Tim Burton. Dalla bocca di un mostro l’inizio di un’esperienza attraverso quindici sale

A Berlino la mostra “immersiva“ dedicata a Tim Burton. Dalla bocca di un mostro l’inizio di un’esperienza attraverso quindici sale

Sembra quasi che nell’era Tik Tok ogni mostra d’arte rivolta al grande pubblico, per avere successo, debba essere “immersiva”, a prova di selfie, in modo da originare una narrazione che dallo spazio espositivo tracima sui social. I curatori di Tim Burton’s Labyrinth, in visione al Radsetzerei di Berlino fino a novembre, questo lo sanno benissimo e i visitatori (pure qualche giornalista) addobbati come Beetlejuice o Sweeney Todd che puoi incrociare alla stazione ferroviaria di Warschauer Straße, coi loro completi extralarge a righe o i loro basettoni impossibili, dimostrano che l’intuizione è giusta.

Ultima fermata sulla via di Milano, dove sbarca il 6 dicembre per trattenersi nei locali della Fabbrica del Vapore fino 2 marzo, la capitale tedesca accoglie il “labirinto” del regista di Ed Wood e Big Fish dopo le soste a Madrid, Parigi, Bruxelles e Barcellona che gli hanno permesso finora di mettere a bilancio oltre 650 mila visitatori. Tanti, anche se non l’enormità richiamata dalla sua prima esperienza del genere, la mostra di disegni, fotografie, bozzetti e costumi curata da Ron Magliozzi e Jenny He al MoMA di New York tra il 2009 e il 2010 divenuta con circa ottocentomila biglietti venduti in poco più di cinque mesi – racconta Burton con orgoglio sul suo sito web – la terza “exhibit” più frequentata di sempre.

Ecco perché di mostre in circolazione l’idolatrato dispensatore di brividi horror romantici di mostre in circolazione ne ha due, il Labirinto di Tim Burton, appunto, e quella Il Mondo di Tim Burton, attualmente ospitata nei saloni liberty dell’Obecní Dům di Praga dopo essere passata dal Museo del Cinema di Torino.

Anche se quella milanese è una vera e propria esperienza – biglietti in vendita a fine agosto per surfare sull’onda della presentazione di Beetlejuice, Beetlejuice, sequel del film dell’88 con Michael Keaton, Winona Ryder e la nuova compagna Monica Bellucci, alla Mostra del Cinema di Venezia – in cui Tim apre la sua mente al visitatore consentendogli di costruire il proprio percorso passando da una stanza all’altra per incontrare i protagonisti dei suoi film.

Magari non trovi Dumbo, ma gl’irrinunciabili ci sono tutti, da Edward mani di forbice al Jack Skeletron di The Nightmare Before Christmas, dall’alieno macrocefalo di Mars Attack! al terrificante Oswald Cobblepot, il Pinguino di Batman - Il ritorno. E ancora la Sposa Cadavere, Beetlejuice, Victor Frankenstein di Frankenweenie.

"Non è una mostra con schermi a 360 gradi, una cosa video" spiega il direttore artistico Álvaro Molina. "Attraversi un universo reale e cose fisiche, muri fisici, con materiali e luci diversi".

Lungo l’itinerario ci sono oltre 150 opere originali di Burton, tra cui schizzi e dipinti, e installazioni su larga scala capaci di catapultare il pubblico nel cuore dei suoi universi eccentrici. Anche se bozzetti e concept art costituiscono una parte molto piccola dell’esposizione, il cui cuore è rappresentato dall’installazione labirintica. Dalle quindici sale tematiche.

Si entra attraverso la bocca di un mostro dentro cui un grosso pulsante rosso individua la prima di quattro porte da traversare e, una volta superata, sta poi al visitatore scegliere di stanza in stanza in quale infilarsi, questo sistema offre una serie di oltre duecento combinazioni consentendo regalando ad ogni visitatore un percorso un’esperienza unica. "Prometto, però, che tutti alla fine, in un modo o nell’altro, si ritroveranno sul set del loro film preferito" assicura Molina.

"Da artisti è sempre bello ricordarsi sempre di vedere le cose in un modo nuovo, strano" assicura Burton. E se lo dice lui, vale la pena di credergli.