Tanta voglia di Alexia. E di anni Novanta. Scritto dal gruppo musicale canadese Dragonette, il nuovo singolo I feel feelings restituisce alla cantante spezzina quelle ambizioni internazionali già rinfocolate in estate dalla partecipazione al Tomorrowland, la Woodstock belga della dance, assieme alle titolate gemelle-dj australiane Miriam e Olivia Nervo.
Alexia ’I feel feelings’ segna il suo ritorno all’inglese.
"Ci pensavo da anni, ma non mi sembrava mai il momento giusto. Temevo di non essere capita. Poi, dopo la pandemia, per rimettermi in gioco ho scelto la formula dell’album di Natale in inglese e mi sono divertita tantissimo sia a inciderlo che a proporlo dal vivo".
Insomma, ’My Xmas’ le ha restituito la voglia.
"Sì, perché la lingua inglese è quella che mi ha accompagnata in tante avventure importanti e in questi ultimi tempi spunta sempre più spesso in quel che faccio. Un modo pure di strizzare l’occhio ai miei anni Novanta, sebbene oggi le sonorità siano frattanto cambiate".
Coi Dragonette di Martina Sorbara il lavoro prosegue?
"Stiamo lavorando su altre idee che spero di radunare attorno a marzo in un album".
E l’avventura del Tomorrowland com’è nata?
"Un amico in comune mi ha detto che le Nervo avrebbero avuto piacere di reinventare uno dei miei brani. A loro piaceva Summer is crazy ma pure Uh la la la che, alla fine, abbiamo pensato avrebbe potuto prestarsi al risultato migliore. Sono state loro a propormi di presentarla assieme al Tomorrowland. Da donne, si sono rese conto subito che alle sette di sera, in Belgio, in una cornice colorata come quella del Tomorrowland avremmo avuto pure la luce giusta per fare una bella figura".
Perché gli anni Novanta, in questo momento, hanno tanta presa sull’immaginario collettivo?
"Forse perché quelli della mia generazione faticano un po’ a sintonizzarsi sulle sonorità d’oggi mentre per tanti ragazzi giovani, che magari certa musica l’hanno ascoltata nel ventre materno, li vivono come una bella scoperta".
Al netto dei trent’anni di meno, erano tempi più felici?
"Assolutamente sì. Se avevi un traguardo sapevi che, impegnandoti a fondo, avresti potuto raggiungerlo. Mentre oggi penso che si sia persa un po’ di speranza nel futuro. Io un sogno ce l’avevo e a casa i miei non facevano altro che ripetermi: credici. Oggi, con la fatica che si fa in famiglia ad arrivare a fine mese, la vedo dura sentirsi dire la stessa cosa".
Un pezzo in inglese dal sapore anni Novanta da chi se lo farebbe scrivere?
"Probabilmente dagli Swedish House Mafia. Perché sanno a coniugare elettronica e melodia in modo straordinario e non hanno ancora lavorato con una donna. O meglio, l’hanno fatto ma solo con voci femminili campionate".
Un’ambizione extra musicale?
"Laurearmi in storia. Magari focalizzando gli studi su quel momento particolare che è stato il passaggio tra Ottocento e Novecento, tra le illusioni della belle époque e la catastrofe della guerra. Mio marito (Andrea Camerana, nipote di Giorgio Armani - ndr) mi dice di provarci, ma io non faccio le cose tanto per fare. Così, per ora, mi limito a stimolare la mente leggendo libri in altre lingue".
Quali?
"Sto finendo, in francese, ‘L’Adversaire’ di Emmanuel Carrère, romanzo ispirato alla storia del pluriomicida Jean-Claude Romand da cui è stato tratto pure un film, ma in lingua ho cose anche di Guillaume Musso, di Albert Camus e di una scrittrice d’origine marocchina che amo molto, Leïla Slimani. In inglese, invece, sono nel bel mezzo di un gran classico quale Dubliners di Joyce".