Ultimo tango a Parigi, storia di uno stigma infinito. Dal ’72 a oggi. Dalla censura di Stato che colpì il film alla sua uscita, col sequestro per "esasperato pansessualismo fine a se stesso", allo stop per l’indignazione delle attiste del #MeToo di questi giorni. Cinquant’anni fa, il film veniva messo al rogo, Bernardo Bertolucci condannato per offesa al comune senso del pudore, e privato dei diritti civili. Domenica scorsa alla Cinémathèque française, a Parigi, la proiezione del medesimo film è stata annullata in seguito alle proteste delle associazioni femministe, sfociate anche in minacce. "Non possiamo correre rischi per la sicurezza", ha detto Frédéric Bonnaud, direttore della Cinémathèque.
Ultimo tango a Parigi racconta la vicenda di due sconosciuti, un americano quarantacinquenne – Marlon Brando – e una parigina ventenne – Maria Schneider. I due si incontrano in un appartamento vuoto, e vivono una relazione erotica, sessuale, folle, istintiva. Decidono di rinunciare a tutte le convenzioni sociali, persino a dirsi il proprio nome. Un film sontuoso, illuminato dalla fotografia di Vittorio Storaro, dalle musiche di Gato Barbieri. E tuttavia, segnato da quella scena. Marlon Brando prende del burro, denuda Maria Schneider, la sodomizza facendole ripetere: "Santa famiglia, sacrario dei buoni cittadini, dove i bambini son torturati finché non dicono la prima bugia, la volontà è spezzata dalla repressione…". È un’invettiva contro la famiglia. Ma è anche la scena che rappresenta una violenza: prevista dalla sceneggiatura – secondo molti testimoni – ma in cui l’uso del panetto di burro è frutto di un’improvvisazione di cui Schneider, 20 anni, non sapeva nulla.
Nel 2013, fu proprio in una masterclass alla Cinémathèque française che Bertolucci ammise di non aver informato l’attrice. "L’idea di quella scena è venuta a me e a Marlon Brando mentre stavamo facendo colazione, e a un certo punto lui ha spalmato del burro su una baguette: ci siamo scambiati subito un’occhiata complice. Abbiamo deciso di non dire niente a Maria, per ottenere una reazione più realistica", rivelava Bertolucci. Non una violenza fisica, non si parla di stupro reale – come qualcuno, nella narrazione su Ultimo tango, sostiene ancora, confondendo finzione cinematografica e realtà. Ma certo una violenza psicologica, con un “particolare“ di enorme portata taciuto all’attrice. Che, in una famosa intervista al Daily Mail del 2007, diceva: "Ero troppo giovane per rifiutarmi di girare quella scena, così fui costretta a sottopormi a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che si vedono nel film sono vere lacrime di umiliazione". L’attrice, negli anni successivi al film, scivolò in un drammatico percorso di abusi di droghe e depressione. Morì nel 2011, a 59 anni. Brando era già scomparso, nel 2004, a 80 anni; Bertolucci se ne andrà nel 2018, a 77 anni.
Dal ’72 Ultimo tango ebbe vari processi. I censori riuscirono, nel 1976, a far condannare in Cassazione il regista e il film, destinato al rogo. Le copie della pellicola furono bruciate, tranne due, il regista privato per 5 anni dei diritti civili, condannato a 4 mesi con la condizionale. Il film tornò ufficialmente in circolazione solo nel febbraio 1987, quando il giudice archiviò il procedimento giudiziario. Non offendeva più il comune senso del pudore. Recita la sentenza del 1987: "È un film con piena dignità di opera d’arte".
Adesso di nuovo una proiezione di Ultimo tango viene cancellata, in un luogo chiave della cinefilia mondiale. Non si tratta di tribunali e carte bollate, ma di un’onda di prese di posizione nel nome del #MeToo e di Maria Schneider, contro la violenza sulle donne. In quella Francia sconvolta in queste ore dal caso di Gisele Pelicot fatta stuprare dal marito da più di 50 uomini, e dove è si appena svolto il processo al regista Christophe Ruggia, accusato di aver aggredito sessualmente l’attrice Adèle Haenel quando lei aveva fra 14 anni.