Venerdì 15 Novembre 2024
STEFANO MARCHETTI
Magazine

Ulisse, Enea: il dittico degli eroi in cerca di pace

La Trilogia d’Autunno di Ravenna Festival porta in scena fino a martedì le preziosissime emozioni barocche di Monteverdi e Purcell

Ulisse, Enea: il dittico degli eroi in cerca di pace

Il ritorno di Ulisse in patria in scena per la Trilogia d’Autunno di Ravenna Festival

Ulisse ha vinto: grazie al suo inganno, i greci sono riusciti a espugnare la città di Troia. E ora vuole tornare nella sua Itaca, ritrovare sua moglie Penelope che non ha smesso di aspettarlo, riabbracciare suo figlio Telemaco e riconquistare il trono, minacciato dai Proci. Enea ha perso nella sua Troia: ha combattuto dalla parte di Priamo e dei troiani, è uscito sconfitto, la città è stata distrutta. E ora deve lasciare la sua terra, trovare anche un nuovo amore.

Sia pure su fronti diversi, "Ulisse ed Enea fuggono entrambi dalla stessa guerra, la guerra di Troia", osserva Pier Luigi Pizzi, decano e maestro dei registi italiani che, insieme al maestro Ottavio Dantone alla guida dell’Accademia Bizantina, firma la Trilogia d’Autunno di Ravenna Festival, dedicata appunto a questi “Eroi erranti in cerca di pace“. Fino a martedì 19 al teatro Alighieri va in scena un dittico che in realtà è un trittico barocco: prima (ieri sera e lunedì 18) Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi, poi (stasera e il 19) Dido and Aeneas di Purcell, incastonato – con un’idea brillante – nell’ Ode a Santa Cecilia dello stesso autore. E in mezzo, domani domenica 17, l’unico recital italiano dell’ammirato controtenore (appassionato di breakdance) Jakub Józef Orlinski. Il cast della Trilogia è ricchissimo e attraversa le diverse opere: il baritono Mauro Borgioni dà corpo e voce a entrambi gli eroi protagonisti, Ulisse ed Enea, mentre Penelope è Delphine Galou, Telemaco è Valerio Contaldo, e nel gioiello di Purcell la splendida Didone è Arianna Vendittelli.

Le due opere furono composte a cinquant’anni l’una dall’altra (il divin Claudio scrisse la sua "tragedia di lieto fine" nel 1640, il musicista inglese quasi alle soglie del ‘700), eppure certamente “dialogano“ fra loro "e nella scrittura di Purcell c’è tanto del recitar cantando di Monteverdi", osserva il maestro Dantone. Ma soprattutto fra i due titoli corrono alcuni “fili“ ideali, in particolare quello dei valori e delle passioni, l’amore, l’odio, la guerra, che sono di quattro secoli fa come di oggi. È per questo che Pier Luigi Pizzi ha scelto di unire tutto in uno spazio scenico comune, candido, essenziale e quasi metafisico, fuori dal tempo, in cui si stagliano costumi neri, bianchi o rossi che tengono insieme passato e futuro, lunghi mantelli e pelle techno, e alcuni oggetti simbolici che raccontano, un albero della vita che è anche albero della nave con cui Ulisse raggiunge Itaca, o il telaio di Penelope, segno della lunga attesa. E per il “dittico nel trittico“ di Purcell ha adottato un espediente ingegnoso: un gruppo di studenti intona l’Ode a Santa Cecilia ai piedi dell’organo che la rappresenta, e decide di portare in scena la storia di Didone ed Enea. Così lo spazio bianco diventa un teatro nel teatro.

Ottavio Dantone cesella queste partiture antiche e incantevoli, e ce le offre in tutta la loro modernità ritrovata: ancora una volta il barocco rivela risonanze preziose, la capacità di far cantare la parola poetica e di dare voce a quelle emozioni che portiamo nel cuore. Fra il lamento di Penelope che apre l’Ulisse e il celebre lamento di Didone ("When I am laid in earth") che chiude l’Enea c’è la vita che scorre, quella di uomini che sembrano governati (o manovrati) dagli dei ma affermano la loro umanità nella forza come nella fragilità. E fra tante battaglie, anche interiori, c’è soprattutto un grande desiderio di pace che, tanto più oggi, sentiamo come necessario, "un’utopia, forse – dice il maestro Dantone – ma che nel momento in cui viviamo assume una centralità assoluta". Lasciamo che siano questi eroi, e questa musica, ad accompagnarci verso un mondo diverso.