Las Vegas, 01 ottobre 2023 - Si dice che quel che succede a Las Vegas resta a Las Vegas. E non potrebbe essere diversamente. D’altronde dov’è possibile trovare altrove un’astronave come The Sphere, che riluce nella notte polverosa della Sin City come in un racconto di Isaac Asimov o in un film di George Lucas?
Un geode alto 112 metri e pesante 130 mila tonnellate che gli U2 riempiono fino al 16 dicembre con l’epopea di “Achtung baby” nel trentennale della pubblicazione (anche se la pandemia costretto tutti a spostare la celebrazione di due anni). Venticinque le repliche, 17.500 spettatori a concerto.
È il primo show stanziale nella storia degli eroi di “One”, concepito per un megaschermo di 15 mila metri quadri ad altissima definizione e un avanzato sistema audio di oltre 160 mila diffusori capaci di offrire alla loro musica un suono compatto, definitissimo, impensabile negli stadi e nelle arene.
Formidabili i video, a cominciare da quello iniziale, che durante “Zoo station” sembra sfondare la parete alle spalle del piccolo palco a forma di giradischi (ispirato ad una realizzazione di Brian Eno) per aprire la sfera al mondo che gli gira attorno. Bandiere di fuoco nel deserto, omaggi ad Elvis, soffitti di numeri colorati che sembrano precipitarti addosso, insetti, nature morte in bianco e nero che si animano prendendo colore, la stessa Las Vegas che pulsa il time-lapse davanti all’obiettivo, eccitano il nervo ottico esaltando il suono. Unico rischio è probabilmente quello che il contenitore si fagociti il contenuto, ma impatto e storia della band riescono a tenere le cose in equilibrio.
Lo show è costruito sostanzialmente su due album, "Achtung baby", eseguito per intero anche se in due tranches, e quel "Rattle and hum" evocato da quattro frammenti in chiave acustica di “All I want is you”, una “Desire” impreziosita da un Bono all’armonica, “Angel of Harlem” e “Love rescue me”. Tra i super classici manca “Pride (in the name of love)”, ma ci sono “Elevation”, “Vertigo”, "Where the streets have no name", "With or without you". Tutte nel bis. Non manca neppure il nuovo singolo “Atomic City”, pubblicato proprio sulla spinta di questa residency. Numerose come sempre le citazioni, che sabato Bono Vox ha elargito volando con la voce e il pensiero alla Piaf (“Non, je ne regrette”) come a Sinatra (“My way”), a Lou Reed (“Walk on the wild side”) come a Prince (“Nothing compares 2 you” dedicata sia al “kid” di Minneapolis che a Sinéad O’Connor).
Durante le prove, la band avrebbe predisposto tre setlist in modo da ruotare le canzoni, ma in questo primo weekend ne ha usata una sola, che parte da “Zoo station”, appunto, per arrivare dopo due ore e un quarto circa a “Beautiful day”. Dietro ai tamburi manca Lary Mullen jr. per i postumi di un intervento chirurgico, ma il sostituto Bram van den Berg, motore ritmico della band olandese Krezip, svolge il suo compito onestamente.
Intanto, nell’attesa di notizie riguardanti la serie Netflix sugli U2 scritta da Anthony McCarten, già sceneggiatore al cinema del fortunatissimo “Bohemian Rhapsody”, Bono ha partecipato all’adattamento animato della favola “Pierino e il lupo” di Sergei Prokofiev che Max (ex Hbo) manderà in onda alla fine del mese. Narrata da Gavin Friday e illustrata dal cantante stesso assieme alle figlie Eve e Jordan, questa versione potrà contare pure su una canzone scritta da lui e intitolata “There is nothing to be afraid of”.