Into the groove. È un viaggio nell’ultimo culto fondamentalista del pop quel Madonna Songbook (Antiga edizioni, scritto in lingua inglese) con cui Giulio Mazzoleni attraversa la produzione artistica di Miss Ciccone (oltre 500 canzoni) per provare a far emergere la raffinata hitmaker nascosta dietro la maliarda con lo sguardo da gatta a cui ci hanno abituato per oltre quarant’anni i tabloid. Un’opera da fan, che Mazzoleni, manager, consulente mediatico, organizzatore di eventi culturali ed ex discografico, presenta lunedì a 21 House of Stories Navigli di Milano (ore 18.30) .
"L’idea m’è venuta quando mi sono ritrovato tra le mani un bellissimo libro sull’opera di Prince dato alle stampe da Hachette e, sbirciando tra gli altri titoli della collana, ho visto che ce n’erano pure dei Queen e Bowie" spiega l’autore col pensiero all’epopea da oltre 400 milioni di dischi venduti dall’eroina di Bay City. "Così mi sono detto: i prossimi saranno magari dedicati a Springsteen, a Sting, ma non Madonna. E allora sai che c’è? Lo faccio io. Anche per renderle giustizia e andare oltre l’allure della provocatrice, della donna-marketing, che finisce spesso col fagocitare l’artista, prima autrice dei pezzi che canta. Insomma, l’esatto contrario di quel che si crede".
E perché mai? Gli anni Ottanta sono stati quelli di Madonna, Michael Jackson e Prince. Tutti nati per un eccezionale allineamento di pianeti nel ‘58.
"Pubblicazioni su di lei come personaggio ce ne sono centinaia, ma come autrice e compositrice no. Si tende a considerarla come una Whitney Houston oppure, oggi, una Rihanna, senza riconoscerle quell’attività cantautorale che rimane l’unica sua vera costante di questo suo quarantennio e oltre di musica. La si giudica più astuta nello scegliere il produttore del momento che brava nel creare le proprie hit. Eppure, a ben guardare, ad eccezione di Babyface negli anni Novanta, nessuno di questi maghi della consolle è riuscito ad avere successi più grandi di quelli centrati al suo fianco". - Quest’anno Like a virgin compie quarant’anni. Madonna i suoi li festeggiò, invece, dando alle stampe Ray of light. Insomma, a quell’età aveva già detto tanto di sé.
"Con quel disco raggiunse il suo apice creativo costringendo un certo mondo della musica ad accorgersi di lei, come attestano i quattro Grammy vinti su sei nomination. Cambiò le regole del gioco e di recente pure Katy Perry ha ricordato che se lei e altre quarantenni sono ancora nel pop lo devono a Madonna perché, prima, a quell’età, si era già in pensione".
Fra le diverse interviste coi collaboratori di Madge inserite nel volume, qual è la prima che le viene in mente?
"Quella con il batterista Stephen Bray, il suo primo partner musicale, quando, ancora poveri in canna e sconosciuti, vivevano assieme e suonavano nei Emmy and the Emmys. Per poi ritrovarsi in album come Like a virgin e Like a prayer. Racconta della sua capacità melodica che la porta ad arrivare da un suo luogo emotivo personale a quello dell’ascoltatore creando identificazione".
Da fan, qual è la sua playlist?
"Sicuramente Into the groove, capolavoro syntpop anni Novanta pubblicato così come stava nel provino inciso tra le quattro pareti domestiche con le finestre aperte perché era estate e faceva caldo. Metterei poi Vogue, perché ha cambiato il mondo della dance introducendo l’elettronica di nuova generazione negli anni Novanta, ma pure Secret, perché è una ballata soul di grande impatto. Non dimenticherei Erotica, perché attinto da uno dei suoi album più sottovalutati, messo in ombra dai clamori e le polemiche legate al libro Sex, quando era probabilmente ancora incosciente della sua immagine (nuda). Il più recente di una mia ideale top 5 è Ghosttown, perché molto contemporaneo e ricorda Karen Carpenter dei Carpenters nella sinuosa modalità di canto".
Come la vede nel 2034?
"Avrà 76 anni e sarà ancora in tv da Fazio… come la Vanoni".