Venerdì 16 Agosto 2024
CHIARA DI CLEMENTE
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Truman Capote e quei tradimenti a sangue freddo

Quarant’anni fa la morte dell’inventore del romanzo non fiction. Scrittore prima di tutto, a costo della slealtà (autolesionistica) verso i suoi più cari

Truman Capote

Truman Capote

Roma, 15 agosto 2024 – “Ora vi racconterò la storia di uno scorpione – narra Orson Welles in “Mr Arkadin” –. Uno scorpione voleva attraversare un fiume e chiede a una rana di portarlo. No, disse la rana: “Se ti portassi sul dorso tu potresti pungermi“. Ma, disse lo scorpione: “Dov’è la logica? Se io ti pungessi, tu moriresti e io affogherei“. La rana lasciò così che lo scorpione le salisse sul dorso, però nel bel mezzo del fiume si rese conto che lo scorpione l’aveva punta. “E la logica?“ gridò la rana cominciando a discendere verso il fondo insieme allo scorpione. “Non è logico quello che hai fatto“. “Lo so“ disse lo scorpione: “Ma non posso farci nulla. È il mio carattere“”.

Non è logico. E l’effetto in Capote del comportamento illogico è qualcosa di peggio della morte immediata per annegamento: è una morte lentissima, che si consuma in una lunga agonia somministrata nel corpo di Truman dall’alcol e dalla droga, veleni/anestesie figure dell’inestinguibile senso di colpa. Invaso da quei demoni, torturato dal fantasma della madre e dai rimorsi per le amicizie e gli amori traditi, il Truman Capote che ci è stato ricordato in questi ultimi mesi – il 25 agosto saranno 40 anni dalla morte – è quello del crepuscolo, abbozzato dal libro “Capote’s Women” di Laurence Leamer (uscito in Italia per Garzanti) e incarnato nella seconda stagione della serie tv “Feud”, ideata da Ryan Murphy, otto visionari episodi di cui 6 diretti dal maestro Gus Van Sant al suo esordio in un prodotto destinato allo streaming, dal maggio scorso su Disney+, col titolo Feud: Capote vs. The Swans. Faida: Capote contro i Cigni.

Siamo dunque al crepuscolo di Capote, declino precoce – morì nell’84 a 59 anni – che prende il via dopo i successi di “Colazione da Tiffany”, scritto nel 1958 da un Truman 34enne e portato ai trionfi dalla trasposizione cinematografica del ’61, regia di Blake Edwards, protagonista l’iconica Audrey Hepburn in tubino nero e collana di perle,  e dopo la pubblicazione del suo capolavoro, “A sangue freddo” (1966), con cui Capote passerà alla storia come l’inventore del romanzo non fiction. Proprio per festeggiare "A sangue freddo”, grazie ai due milioni di dollari guadagnati con i diritti dell’opera Truman decise di organizzare a Manhattan il famoso Black and White Ball, il ballo più fastoso di sempre, che si svolse il 28 novembre del 1966 nel salone dell’ Hotel Plaza, davanti a Central Park, e al quale Truman invitò 540 ospiti superprivilegiati (“Compilando la lista mi sono fatto 540 amici e 1500 nemici”, disse), abiti in bianco e nero e maschera sul volto. L’élite dell’élite: Frank Sinatra con Mia Farrow, Henry Fonda, Greta Garbo, Candice Bergen, Lauren Bacall. Andy Warhol. I Vanderbilt, i duchi di Windsor, Gianni Agnelli con Marella. Divi, tycoon, politici, ma soprattutto loro: i Cigni.

I Cigni erano le esilissime e miliardarie signore più eleganti di New York: secondo Leamer – e la serie Feud – il cigno numero 1 era Barbara “Babe“ Paley (ex redattrice di Vogue sposata con il fondatore della Cbs), affiancata da Slim Hayward (primo marito il miliardario Howard Hawks, secondo il produttore Leland Hayward), Lee Radziwill la sorella minore di Jackie Kennedy, e CZ Guest. Poi, “contigua“ ma non alla loro altezza, Ann ‘Bang Bang’ Woodward. I “Cigni“ avevano accolto Truman come un amico, e di più. Brillante intrattenitore alle feste e compagno insostituibile di shopping e mondanità, confidente, consolatore: meglio dei mariti, meglio dei figli. Dimenticando, però, che Capote era sopra ogni altra cosa uno scrittore. Anzi: “Lo scrittore inventore del romanzo non fiction”.

Un primo tradimento Truman lo aveva già consumato ai tempi di “A sangue freddo”: ai fini della scrittura del suo capolavoro era entrato in simbiosi emotiva, persino affettiva, con gli assassini della famiglia Clutter, i due sbandati Perry Smith (in particolare) e Richard Hickock, per poi abbandonarli – lasciandoli senza l’aiuto legale promesso – e ritrovarli solo nel momento dell’impiccagione in Kansas, aprile 1965. Il secondo tradimento, Truman lo compì proprio ai danni dei suoi “Cigni“: da tempo raccontava che il suo nuovo libro sarebbe stato una sorta di Recherche proustiana con al centro l’alta società newyorkese. Un assaggio del volume – che rimase incompiuto e che avrebbe preso il titolo dalla frase di Teresa d’Avila: “Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte“ – Truman lo dette alle stampe nell’articolo dal titolo "La Côte Basque”, pubblicato nel ’75 dalla rivista “Esquire”. La Côte Basque era il ristorante di N.Y. in cui Truman si incontrava con i Cigni; nell’articolo ognuna di loro – coi nomi cambiati – veniva ritratta nei momenti più squallidi (tradimenti e ripicche a base di spargimenti di sangue mestruale su lenzuola di seta, per dire), se non criminali (Ann Woodward avrebbe ucciso il marito non perché scambiato per un ladro, ma volontariamente), tra battute razziste e classiste lanciate con sublime nonchalance durante pranzi in cui una sola foglia di lattuga, per quanto ampia, era l’unica pietanza richiesta dalle divine ai camerieri. «La più pirotecnica elevazione della maldicenza ad arte letteraria che la storia del romanzo ricordi», scrive Nicola Lagioia nella sua introduzione all’edizione italiana di “Preghiere non esaudite” (Garzanti). Quando Capote consegnò l’articolo a “Esquire” si mostrò convinto che il pezzo non avrebbe causato malumori a nessuno dei protagonisti ritratti: “Nahh – disse –, sono troppo scemi, non se ne accorgeranno mai”. Ma il quasi-Cigno Ann subito dopo l’uscita dell’articolo si suicidò. E le altre, i Cigni veri, abbandonarono Truman.

Quell’abbandono per Capote fu l’inizio della fine. Molte sono le teorie che cercano di spiegare cosa portò lo scrittore a pubblicare un articolo che lo avrebbe certo condannato al disprezzo delle donne a cui voleva comunque bene, e alla solitudine: una rivalsa nei confronti della madre che, pur di avvicinarsi anche solo lontanamente a quel jet-set dei Cigni, rinchiudeva il piccolo Truman piangente negli sgabuzzini degli hotel dove lei faceva sesso con uomini che sperava l’avrebbero favorita (mai accaduto) nella sua scalata sociale? Una rivalsa antirazzista, comunista, come suggerisce l’episodio di "Feud “in cui Capote viene elogiato per il suo lavoro di disvelamento del marciume capitalistico nell’incontro (immaginario) con James Baldwin? Tutto, e il contrario di tutto. Ma forse l’unica risposta è la risposta dello scorpione alla rana: è il mio carattere. Il carattere. Quello che fa la differenza tra un uomo e uno scrittore. Uno degli scrittori più grandi di sempre.