Martedì 7 Gennaio 2025
LUCA
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Tra Boldini e Michelangelo, un anno di mostre

Un calendario di grandi eventi. A Venezia fino a marzo la personale dedicata a Marina Apollonio e alla sua ricerca cinetica e ottica .

Un’opera di Marina Apollonio a Venezia per la mostra Oltre il cerchio

Un’opera di Marina Apollonio a Venezia per la mostra Oltre il cerchio

di Luca Scarlini

"Scelta una forma primaria, quale ad esempio il cerchio, ne studio le possibilità strutturali per renderla attica, cercando il massimo risultato con la massima economia". Marina Apollonio, triestina per nascita, ma da lungo tempo residente a Padova, a cui Guggenheim Venezia dedica una bella retrospettiva, dal titolo Oltre il cerchio, molto ricca nella scelta (cento opere da collezioni pubbliche e spesso private) a cura di Marianna Gelussi (catalogo a cura della stessa edito da Peggy Guggenheim Venezia e Marsilio, l’esposizione chiude il 3 marzo prossimo) ha sempre avuto una visione netta sulla rappresentazione nelle sue opere.

Il cerchio compare in una sequenza di spirali sempre più vertiginose, specialmente quando le opere aggiungono la dimensione del movimento. Una sua opera compare in copertina nella riedizione del 1977 di Ti con Zero di Italo Calvino (l’immagine venne scelta dallo scrittore), di cui la curatrice sceglie come epigrafe del suo saggio introduttivo un brano celebre del racconto I cristalli, in cui la voce narrante afferma che: "Un mondo assolutamente regolare, simmetrico, metodico, s’associa alla tensione amorosa". Per cui il filo del racconto è quello dell’opposizione di sensi, per cui si afferma un "eros dell’arte programmata", esperienza per solito connessa alla serialità estrema.

Il legame con la collezione veneziana è data dal Rilievo n. 505 circa del 1968, acquistato da Peggy Guggenheim nella mostra da Barozzi a Venezia, nel momento in cui la collezionista acquistava opere legate alla ricerca cinetica e ottica. Una sequenza di forme di alluminio su un pannello di fibre di legno pressate, che erano originariamente su fondo rosso e che la collezionista volle invece di diverso colore, essendo sconvolta dalla morte della figlia, scomparsa l’anno prima.

Il saggio di Arnauld Pierre parla di ottica di precisione, segnalando un lavoro puntuale, preciso, che parte dai Roto reliefs di Marcel Duchamp, per confrontarsi con le ricerche scientifiche, offrendo anche paralleli d’epoca come una scena de L’uomo dei cinque palloni di Marco Ferreri (1964). L’itinerario nella produzione di Maria Apollonio è quindi in una sequenza di colori forti, o di bianchi e neri cinetici (come le prime opere degli anni Sessanta), che avevano come titolo Struttura grafica, con il consueto numero progressivo, che contrassegna quell’epoca di ricerche sulla ricorrenza delle forme, con variazioni minime.

Il rigore arriva fino all’estremo delle Linee (acrilici su tela) degli anni Settanta, in cui sullo sfondo nero corrono fili sempre più esigui di forme, che vanno a scomparire nel quadro. Di grande interesse sono le sperimentazioni con i tessuti, opere di lana su tela, realizzate fra il 1970 e il 1975, epoca in cui l’artista aveva anche intrapreso la realizzazione di arazzi.

La mostra si chiude su un giradischi, oggetto utilizzato in varie fasi della sua carriera, che qui fa girare le spirali della sua produzione con il suono creato da un compositore che ha riletto le forme di Marina Apollonio come partitura di movimenti sonori.