Sabato 6 Luglio 2024

Towne: l’Oscar (della discordia) per “Chinatown“

Lo sceneggiatore morto a 89 anni. Cinquant’anni fa la statuetta per il suo capolavoro. A cui Polanski però cambiò il finale

Towne: l’Oscar (della discordia) per  “Chinatown“

Towne: l’Oscar (della discordia) per “Chinatown“

Il suo capolavoro, Chinatown, ha festeggiato solo pochi giorni fa i suoi cinquant’anni di leggenda. L’altra notte lo sceneggiatore e regista Robert Towne, vincitore dell’Oscar per la sua sceneggiatura originale del capolavoro del ‘74 diretto da Polanski e interpretato da Jack Nicholson, è morto a Los Angeles. Aveva 89 anni. Dopo aver esordito come attore e collaboratore del regista di B-movies Roger Corman, Towne si era imposto come uno dei maggiori maestri dell’arte della sceneggiatura, tra i più richiesti nella storia del cinema Usa, chiamato più volte a risolvere problemi strutturali e a creare grandi dialoghi e colpi di scena anche per film firmati da altri.

Towne era giunto alla ribalta negli anni ‘70 con tre successi di critica e commerciali usciti nell’arco di 14 mesi: L’ultima corvè (con Jack Nicholson, 1973), Chinatown (1974) e Shampoo (1975). Tutte e tre le sceneggiature furono candidate all’Oscar, e Chinatown vinse. Paradossalmente, però, quella sceneggiatura, il cui fulcro stava nel mostrare sul grande schermo le radici marce che hanno alimentato fin dalla sua nascita la grande industria degli Studios hollywoodiani e le cui intricate peripezie di lavorazione sono raccontate nel libro di David Thompson La formula perfetta (Adelphi), non fu mai riconosciuta in pieno da Towne, che combattè a lungo – pur senza riuscire a imporsi: i diritti dello script erano stati ceduti da lui alla Major per soldi – contro il finale “noir” scelto da Polanski. In cui Faye Dunaway viene uccisa: non c’è salvezza, non c’è redenzione, solo il trionfo della malvagità.

"Ho pensato che il finale di Polanski fosse troppo melodrammatico: ma io mi sbagliavo e lui aveva ragione", arrivò ad ammettere Towne. Ma nonostante l’Oscar – e l’ammissione del merito dell’idea del regista – Robert passò anni a rimpiangere il “tradimento“ della sua idea, cercando ossessivamente, a più riprese, di realizzare un “suo“ spin-off di Chinatown: riuscì persino a convincere la Paramount a produrre la sua storia, grazie all’amicizia che legava lo scrittore a Jack Nicholson, ma il progetto naufragò presto. Fino al secondo e ultimo paradosso: proprio in questi giorni è stata annunciata da Netflix la realizzazione del tanto agognato prequel, con Towne alla sceneggiatura e David Fincher alla regia.

Nel corso della sua sterminata carriera Towne, nato Robert Bertram Schwartz il 23 novembre 1934 a Los Angeles e cresciuto nei pressi della città portuale di San Pedro ("ero l’unico ebreo del quartiere") , ha scritto per le star più luminose: Nicholson, appunto, poi Warren Beatty, Harrison Ford, Mel Gibson e Tom Cruise. Lavorò senza essere accreditato ancora Polanski in Frantic (1988). Per Cruise – diventato poi altro suo grande amico –, in Giorni di tuono (1990), Mission: Impossible (1996) e Mission: Impossible II (2000). Per Beatty ha adattato Reds, e con lui ha condiviso la sceneggiatura di Shampoo (sua l’idea chiave di Beatty donnaiolo-parrucchiere).

Con una vita perennemente in bilico tra genialità e falsi movimenti e rimpianti, tra libera creatività controcorrente e obblighi di far cassa, comunque unico, visionario, ribelle, con la modestia dei grandi Towne attribuiva la sua straordinaria capacità di scrivere per le star al fatto di avere un buon orecchio. "Semplicemente ho imparato ad ascoltare il modi di parlare degli attori: ognuno ha i suoi schemi di linguaggio unici. E io mi sono adattato".

Chiara Di Clemente