Venerdì 27 Settembre 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Monica Guerritore: "Tornare al cinema? Faccio paura ai registi"

Una vita per il teatro e un sogno: "Vorrei lavorare con i talenti di oggi. Conciliare lavoro e famiglia è stata dura".

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Monica Guerritore è la ragazzina che a sedici anni – 1974 – esordiva con Strehler a teatro. Che a 19 affrontava la sensualità di Manon Lescaut, nel primo sceneggiato a colori della storia della tv italiana. La donna che incrociava il suo talento e la sua vita col talento e la vita di Gabriele Lavia, in vent’anni segnati da un incandescente sodalizio artistico e umano. E due figlie, Maria e Lucia.

Potremmo partire da qui. Lucia, ventotto anni, ha scelto di fare il suo mestiere. Come vede i suoi tentativi di spiccare il volo?

"L’ho vista entrare, piano piano, nella tensione di questo lavoro, nella difficoltà e nella bellezza di essere attrice. Adesso va a Siracusa a fare il monologo delle Baccanti, e poi sarà Nastaha in Guerra e pace con Stefano Fresi, con la regia di Andrea Baracco. Ormai vola con le sue ali".

Come si giudica come madre?

"Sono una creatura del Sud: mio padre napoletano, mia madre calabrese. Evidentemente, c’è una memoria culturale della maternità che vive in me. Mi piace, mi è sempre piaciuto fare la mamma".

Come ha conciliato maternità e un lavoro che la portava spesso fuori?

"Con immensa fatica e con immensa gioia. Mi svegliavo, ogni giorno, prima che andassero a scuola, per guardarmele. E la domenica, dopo la pomeridiana dello spettacolo, in qualunque città d’Italia fossimo, tornavamo a casa e fino al lunedì mattina le avevamo nel lettone con noi".

Nel 2006 ha dovuto affrontare anche un’altra sfida. Un male da vincere.

"Ho fatto un controllo, e hanno visto qualcosa che non doveva esserci. Per fortuna, ho sempre creduto nella diagnosi precoce: il tumore è stato preso molto presto, non ho avuto bisogno di terapie invasive. Per anni ho fatto controlli su controlli, e continuo a farli. Ma sto bene".

Cosa direbbe alle donne che possono trovarsi nella stessa situazione?

"Una cosa sola: controllatevi. Consiglierei senza nessuna esitazione di fare test diagnostici appena possibile. Qualunque cosa, presa in tempo, prima ancora che si manifesti nei suoi sintomi, è risolvibile".

Spesso c’è la paura che frena.

"Certo: la paura di controllarsi, di andare dal medico, così come la paura che non ti fa scaricare la app Immuni, o che non ti fa fare il tampone. Tutte cose che sono niente, di fronte alla eventualità della malattia".

Lei, a 62 anni, ha una forma e una bellezza invidiabili. Come fa? Come si tiene in forma?

"Ho tagliato, da anni, zucchero e sale. Sulla mia tavola non esistono più. Faccio molto sport, molto yoga, e quando non lavoro faccio pesi, mi alleno, tengo l’organismo attivo. Quando fai teatro non ce n’è bisogno: gli spettacoli sono così faticosi che equivalgono a sei ore di palestra!".

Fra qualche giorno sarà impegnata sul set di una delle fiction più attese della prossima stagione: quella su Francesco Totti. Che ruolo avrà?

"Sono Fiorella, la madre di Francesco. Una donna che ha avuto – ed ha – un grande ruolo nella vita di suo figlio. È stata lei, mamma Fiorella, a individuare per prima il talento di quel ragazzino; a portarlo agli allenamenti, ad imparare le lezioni a memoria per poi spiegargliele; ad asciugargli i capelli con il riscaldamento dell’auto. A bloccare il suo trasferimento nelle giovanili di una squadra di Milano: aveva capito che Francesco aveva la sua grande forza in Roma, nella città che lo nutriva, nella romanità che aveva nel sangue".

Una madre che nasce in un quartiere popolare di Roma. Ha lavorato sul dialetto romanesco?

"Sì, molto. Lo avevo già fatto in occasione dello sceneggiato tv su Trilussa, quando ho interpretato Rosa Tomei, la donna che per quarant’anni fu la compagna del poeta. Ma qui c’è un romano vero, attivo, contemporaneo, trattenuto ed esplosivo. Fiorella è una leonessa che combatte contro tutti per il figlio".

Il set sarà ipercontrollato...

"Prima del ciak entri in un vero e proprio triage, con la Croce rossa, gli infermieri, i test a risultato immediato. C’è quell’attimo d’ansia, prima di ricevere il responso. Ma è l’unica maniera per andare per lavorare".

Pochi giorni fa è tornata a teatro, con grande successo, in un momento in cui tutto sembra precario Che effetto fa?

"È stato un primo, fondamentale incontro con il pubblico. È il pubblico a dirci che il teatro serve, che di teatro ce n’è bisogno. Ma quel mio monologo è stato un primo passo. Il vero salto sarà quando sul palco potranno starci tanti attori. Adesso tutti cercano di mettere in piedi degli ‘one man show’. Ma il teatro è fatto di dialogo, di incontri. Anche sul palco".

Quando accadrà?

"A gennaio, alla Pergola di Firenze, porterò in scena L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht, la storia di una prostituta dall’anima generosa. Ma il teatro va aiutato, questo è poco ma sicuro".

Come?

"Semplice: invece degli ammortizzatori sociali, incentivare la ripresa degli spettacoli. Dato che i teatri dovranno essere per metà vuoti, serve che il ministero dia ai produttori l’equivalente di ciò che non viene incassato, a causa del distanziamento. Altrimenti, una gran parte degli spettacoli non verranno ripresi mai".

E il cinema? La incuriosisce, la seduce il cinema di oggi?

"A volte ho l’impressione di far paura ai registi. E invece non vorrei. Avrei un grande desiderio di lavorare con qualcuno dei grandi talenti del cinema italiano di oggi: Sorrentino, Garrone, Virzì, Tornatore. O anche i fratelli D’Innocenzo, che si sono affacciati da poco sulla scena del cinema italiano, ma con grande personalità".

Gli edifici stessi dei teatri possono essere preziosi, in questi tempi?

"Certo che sì. Ho scritto a Giuseppe Conte, e ho parlato con la ministra Azzolina, chiedendo loro di pensare all’utilizzo dei teatri come spazi per le scuole. Il teatro deve servire alla comunità, e questo è uno dei momenti in cui l’esistenza dei teatri può essere un’opportunità preziosa".