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Gary Kemp, 65 anni
Milano, 3 marzo 2025 – Quello del compositore di successo sarà anche un lavoro usurante, ma qualcuno lo deve pur fare. E Gary James Kemp negli anni Ottanta ha messo tutto il suo impegno per riuscirci, confezionando agli Spandau Ballet capisaldi della new wave inglese come To cut a long story short, Chant no. 1, True, Lifeline, I’ll fly for you, Only when you leave, Through the barricades rimasti in classifica qualcosa come 500 settimane complessive. ‘This destination’, terzo album solista uscito a fine gennaio, condensa la sua nuova visione del mondo in undici momenti caratterizzati da una scrittura raffinata e tracce delle altre avventure artistiche affrontate nel tempo.
‘This destination’ che Kemp riporta al mondo del pop?
"Penso un Gary in pace con sé stesso e con la sua musica. Non scrivendo per gli Spandau Ballet non credo di dover più produrre delle hit. Anche perché sono invecchiato, ho accumulato esperienza e ho una visione più ampia della vita. Ora bado a fare solo album che mi piacciono e che spero piacciano pure ai miei coetanei, magari stuzzicando la curiosità dei loro figli. Posso consentirmi di essere musicalmente anche un po’ più avventuroso di prima".
Questa nuova consapevolezza è figlia pure della collaborazione con Nick Mason?
"Con Nick siamo arrivati al settimo anno di concerti e l’esperienza continua a confermarsi davvero molto positiva perché, oltre all’onore di lavorare con lui e abbracciare l’universo Pink Floyd, negli Spandau Ballet non avevo mai avuto l’opportunità di esplorarmi a fondo come chitarrista. Accanto a Mason sono riuscito a mettere in luce un lato diverso di me, raggiungendo anche un pubblico che prima non era mai stato interessato alle mie canzoni".
Qualche tempo fa ha rivelato che Seal è stato a un passo dal diventare il nuovo cantante degli Spandau Ballet, ma poi…
"Poi non ha preso l’aereo. Nel 2015 con gli Spandau abbiamo dato vita a una reunion di grande successo che ha scatenato offerte d’ingaggio dai promoter di tutto il mondo. Un ritrovato interesse nei nostri confronti di cui eravamo tutti entusiasti tranne Tony (Hadley - ndr), desideroso invece di tornare ai suoi progetti solisti. Così è arrivato il contatto con Seal, che però all’ultimo momento ha rinunciato a volare a Londra per il provino. Alla fine abbiamo trovato un’altra soluzione (Ross William Wild, in formazione meno di un anno e poi finito sotto processo per accuse di violenza sessuale - ndr) ed è stato uno sbaglio".
Cosa prova a sentire i tifosi dell’Arsenal cantare ‘Gold’ allo stadio?
"È la cosa che amo di più al mondo. Quella che m’inorgoglisce nel profondo. L’Arsenal è il club che tifo dall’età di nove anni e nessuno può capire meglio il mio attaccamento a quella maglia del pubblico italiano. Molti dei ragazzi che intonano Gold sugli spalti probabilmente neppure conoscono gli Spandau; per loro quella è solo una canzone che crea unità, spirito di corpo, condivisione di un momento magico".
Autore di successo, musicista, attore. Ce l’ha un rimpianto?
"Tutti hanno dei rimpianti e io non faccio certo eccezione. Uno dei più grossi è stato quello di aver lasciato passare venticinque lunghi anni, dal 1995 al 2021, senza pubblicare dischi solisti. Ma i lividi lasciati dalla separazione degli Spandau Ballet, i litigi con i relativi strascichi giudiziari, avevano finito col togliermi la serenità necessaria per farlo. La reunion era stata solo un lampo, così nel 2018 ho detto di sì all’offerta di Mason anche per questo. Per ritrovarmi. Insomma, un rimpianto personale più che legato all’avventura coi miei ex compagni. Certo, è un peccato che alla fine si sia finiti per litigare… ma questa, in fondo, è la storia della maggior parte delle band".