
Il presidente americano Donald Trump al Congresso a Washington.
New York, 13 marzo - Amazon Prime ha annunciato che trasmetterà, con cadenza settimanale, le prime sette stagioni di The Apprentice, il reality show che nel 2004 sul network Nbc catapultò l'attuale presidente degli Stati Uniti sotto i riflettori nazionali e poi internazionali - programma grazie al quale Trump non fu più solo un imprenditore newyorchese. Le prime stagioni, con un audience di 20 milioni di spettatori a settimana, furono di enorme successo.
Nell’autunno del 2024, vent’anni dopo, l’omonimo film di Ali Abbasi ci regala invece la possibilità di scoprire quali furono le radici dell’ascesa del giovane Donald, nella New York degli anni Settanta e Ottanta. Uscito nelle sale italiane il 17 ottobre 2024, ora in programma su Sky, The Apprentice- Alle origini di Trump, racconta il rapporto tra il giovane Trump e lo spietato avvocato Roy Cohn, interpretati rispettivamente da Sebastian Stan e Jeremy Strong, entrambi candidati agli ultimi Oscar.
È proprio il perfido avvocato Cohn a trasmettere a Trump le tre regole, che caratterizzano il modo di agire dell’uomo a capo della principale potenza del pianeta:
primo, attacca, attacca, attacca;
secondo, non ammettere niente, negare ogni cosa;
terzo, dire sempre che hai vinto e non ammettere la sconfitta.
Il film, definito su X dal tycoon “falso e privo di classe”, concentrandosi sul rapporto di reciproca trasformazione tra il potente avvocato e il giovane Donny, vede il primo insegnare all’allievo come accumulare ricchezza e potere grazie a intimidazioni, inganni e manipolazioni; mentre il secondo, perfezionando l’arte volpina del suo mentore, finisce per ribaltare la situazione. Emblematico caso in cui l’allievo supera il maestro. Per capire come Donald Trump sia diventato ciò che è, dobbiamo quindi guardare all’uomo che gli ha trasmesso la machiavellica credenza per cui solo affinando l’arte della maschera, si possa arrivare al successo: «se vuoi vincere, si vince così». E anche se non hai vinto, simula e “non ammettere mai la sconfitta.”
The Apprentice non è solo il racconto dell’ascesa di Donald Trump ma, come affermato da Abbasi, questa “è anche una storia che riguarda un sistema e il modo in cui l’energia attraversa il sistema.” Parlando del personaggio di Roy Cohn, il regista afferma che non crede che l’avvocato “abbia creato la corruzione e il mondo torbido della politica americana, ma abbia certamente perfezionato l’arte di usarli.”
“Un colpo basso, diffamatorio, politicamente disgustoso” e altre parole poco edificanti: se da un lato Donald Trump è entusiasta dell’uscita in streaming su Prime del reality show che lo rese famoso nei primi anni duemila, dall’altro il suo giudizio sul film di Abbasi è impietoso, parere che peraltro ha contribuito positivamente in termini di visibilità al film. “Nel bene o nel male, purché se ne parli”, avrebbe detto Oscar Wilde.
“È così triste che alla feccia umana – ha detto il presidente all’uscita del film - come le persone coinvolte in questa impresa che si spera non abbia successo, sia permesso di dire e fare tutto ciò che vogliono per danneggiare un Movimento Politico, che è molto più grande di chiunque di noi.” Invece, alla notizia dell’arrivo su Prima di The Apprentice il reality, ha affermato "non vedo l'ora di rivedermi in questo reality, tanti ricordi e tanto divertimento, ma soprattutto fu un'esperienza di apprendimento per tutti noi." In questo orizzonte sembra trasparire ciò che in molti definirebbero come la necessità, tipicamente trumpiana, di manipolazione mediatica.
La diffusione di ‘Apprentice reality show’, veicola infatti un ritratto di Donald Trump che aderisce totalmente all’immagine che il presidente vuole dare di sé. In primis, la sua capacità imprenditoriale e l'avvento della cosiddetta Trumponomics, concetto manageriale inteso a trasmettere l'idea che "impressionare il capo" fosse l'unico modo per "scalare la gerarchia aziendale.” Il ritratto di un cowboy/bullo reso popolare dall’iconica frase “Sei licenziato!”. Un uomo forte, che piega la realtà alla sua versione di essa.
Quando però è qualcun altro a raccontare il presidente, c’è il rischio che a emergere sia il suo profilo peggiore. Quando la maschera indossata da Donald comincia a vacillare mostrando i suoi limiti, per evitare lo smascheramento, al tycoon non resta che applicare la regola aurea del mefistofelico Roy Cohn: attaccare, negare e non ammettere la sconfitta!