di Stefania
Consenti
La dimensione pubblica e l’altra, più intima, privata, immagini di un’esistenza intensa ma sofferta, a svelare uno dei protagonisti indiscussi della vita culturale italiana del secondo ’900. Difficile raccontare l’immenso Testori, intellettuale fuori dagli schemi, scrittore, giornalista, testimone della cronaca del suo tempo (gli scritti fra il 1979 e il 1980 sulla violenza alle donne), poeta, critico d’arte e letterario, drammaturgo. Soprattutto alle nuove generazioni. E, forse, nell’approssimarsi del centenario della sua nascita, avvenuta il 12 maggio 1923, non si poteva fare di meglio con la mostra Fotoromanzo Testori (Immagini di una vita), allestita nelle stanze di Casa Testori (da oggi al 20 maggio, Novate Milanese), un primo tassello del palinesto che si svilupperà per un anno, un imponente lavoro di ricerca, di scavo, portato avanti con instancabile determinazione dall’associazione che porta il suo nome, negli archivi di agenzie, teatri, fondazioni e giornali. "Se dovessi raccontare chi era Testori dovrei dire che era uno che metteva tutti al lavoro. E ha messo tutti noi al lavoro", dice il nipote Giuseppe Frangi, presidente dell’associazione Giovanni Testori che gestisce l’eredità dello scrittore.
Una volta varcata la soglia della bella dimora che lo vide nascere, par quasi di essere accolti da lui; pubblico e privato si intrecciano, viaggiano su un unico registro. Emozionano le foto con la madre Lina, figura centrale nella sua vita che tante volte torna nelle sue opere teatrali. La sua dipartita, nel 1977, gli dà lo spunto per scrivere Conversazioni con la morte (..."Il vagabondo se ne va, se ne va il profeta della morte") e rileggere il ciclo nascita-dolore-finitezza-morte in termini nuovi.
Ma sono le immagini di felicità a riempire il cuore, quelle con la famiglia, fra abbracci e brindisi scattate il 6 gennaio 1957 a Lasnigo, in provincia di Como, il paese natale di Lina. C’è poi Giovanni con il padre Edoardo Testori in posa tra i giardini dell’Isola Bella e sulle sponde del Lago Maggiore. L’uscita de I segreti di Milano, prima grande avventura narrativa e teatrale di Testori, è documentata con una serie di immagini che mostrano lo scrittore in versione estiva, in maniche di camicia sul ponte della Ghisolfa e in via MacMahon, a Milano, e poi anche d’inverno, con il cappotto mentre gioca con le sbarre delle cancellate come se si trovasse in prigione. Erano quelli, per inciso, i giorni del clamoroso sequestro de L’Arialda. O, ancora, mentre posa tra le case di ringhiera insieme a Franca Valeri che nel 1960 aveva portato in scena per la prima volta La Maria Brasca, nei panni dell’emancipata protagonista. E salendo le scale, per raggiungere il primo piano di Casa Testori è un passare in rassegna le "amicizie" più care e durature, i "mes amis", da Roberto Longhi a Renato Guttuso, Eduardo De Filippo, Ornella Vanoni, Mario Soldati, e tantissimi altri. Senza contare le "regine" che hanno portato in teatro i suoi testi: oltre alla Valeri, Pupella Maggio, Mariangela Melato, Luisa Rossi.
Nella stanza dove Giovanni venne al mondo e dove si trasferì una volta persa la mamma, la scena è dominata dal teatro, con le foto di Giuseppe Pino, a raccontare l’epopea della nascita del Salone Pier Lombardo, oggi Teatro Parenti, in quella "periferia" che era sempre al centro della sua attenzione. Era uno scrittore "nomade" Testori, lavorava dovuque, sulle panchine del parco, al bar, "ho sempre lavorato in luoghi di inappartenzenza", amava dire. Scrittore pendolare, aveva lo studio a Brera. Con i giovani aveva un rapporto convinto e appassionato, speciale, come mostra un video di un confronto con Alberto Moravia sui Promessi Sposi, a Milano, nel 1984, davanti ad una folla impressionante di ragazzi. "Più che una mostra Fotoromanzo Testori vuole essere un viaggio nella vita dello scrittore", aggiunge Frangi. "È lui a prendere per mano i visitatori, attraverso una sequenza di stendardi dove le immagini dialogano con sue frasi. A volte è la sua voce a far da guida; una voce che produce ogni volta una scossa emotiva, proprio come si ascoltasse una pagina di romanzo". Ed è lui a congedarsi, ad uscire di scena, nella stanza intitolata Exit: lo sguardo intenso, scavato dalla malattia, mentre si racconta nel video dell’ultima intervista rilasciata a Riccardo Bonacina per Raidue.