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di Riccardo Jannello La musica come terapia perché ha più privilegi della parola e in gravidanza e nei primi mesi...
di Riccardo Jannello
La musica come terapia perché ha più privilegi della parola e in gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino assuefà al benessere come null’altro. La musica, ovvero suono e voce: il battito del cuore e il respiro della madre sono le prime melodie che il feto ascolta nel ventre e quindi sono propedeutiche di tutto ciò che sentirà successivamente. Elisa Ridolfi, 46 anni, da Fano, è musicoterapeuta, psicologa evolutiva, educatrice di asili nido ma anche cantautrice: il suo album Curami l’anima ha vinto la Targa Tenco 2024 come Opera prima. Nella sua attività di musicoterapeuta perinatale collabora con l’Associazione LiberaMusica di Pesaro e col Centro Diego Fabbri di Forlì.
Elisa, che cosa l’ha spinta a occuparsi di questa materia?
"Ho avuto due figlie a distanza di poco tempo e avevo sempre la pancia".
Perché la musica e come funziona l’approccio?
"Intanto perché la musica viene pensata come intrattenimento e invece si tratta di un elemento naturale dell’uomo: qualsiasi cosa si faccia, si accompagna sempre canticchiando".
Lei parla di “gravidanza sonora” che è più lunga della gestazione, come mai?
"Parlo di endogestazione ed esogestazione: fino ai 9 mesi di vita l’apporto della musicoterapia è basilare per il bambino che già come embrione e poi feto vive tre fasi di ascolto nella pancia della mamma: vibratoria, recettiva, reattiva".
Come viene “aiutata” questa crescita?
"Facendo ascoltare una voce e un suono armonico, acustico, accompagnato da uno strumento, e spronando la gestante a utilizzare la propria voce per dire una filastrocca o cantare una musica semplice. Questo fatto lega ancora di più la donna al bambino che crescerà nel ventre in modo migliore visto che la madre rilassata dalla musica libera dopamina, seratonina, ossitocina con cui limita lo stress".
E dopo la nascita?
"Fino al terzo mese si ripropongono suoni bianchi e suoni destrutturati, come quelli ascoltati in pancia; dopodiché il bambino intorno al quarto mese diventa prensile, sviluppa anche la vista e il suono può essere
accompagnato dal desiderio di toccare lo strumento o la bocca di chi canta; infine fino ai nove mesi la colonna sonora è ancora fondamentale per non creare degli strappi e permettere di acquisire ancora più sensibilità. E continuando a crescere, di vivere ancora
meglio la realtà che abitano".
Ma il bambino che cresce aiutato da questi suoni, sarà un’artista?
"Non è una didattica musicale, ma un accompagnamento; questi bambini avranno un’attitudine musicale maggiore e sapranno meglio sviluppare il linguaggio, favorire relazioni ed emozioni; sapranno comprendere la bellezza, ma non saranno per forza musicisti".
Ma neppure stonati...
"Il nostro lavoro aiuta la musicalità delle persone. Ma intonare è un lavoro di riorganizzazione anche nervosa molto forte e si può fare a ogni età. Ma chi segue la gravidanza sonora ha più facilità di superare le difficoltà ritmiche e di intonazione della voce".
La musicoterapia fa bene anche alla... musica?
"Dobbiamo recuperare l’esperienza acustica che stiamo svalutando e fortunatamente il bambino ha una gamma d’ascolto totale. E quindi sì: la musica in questo caso fa bene anche a se stessa".