Martedì 13 Agosto 2024
ANDREA SPINELLI
Magazine

C’è il cantautorobot: con l’intelligenza artificiale ognuno può creare una hit

Spopolano le piattaforme come Suno: inserisci testo e stile, in pochi secondi sono pronti brani cantati e suonati

Milano, 13 agosto 2024 – Certo, provoca un sussulto dell’anima ascoltare in rete Johnny Cash cantare I’m a Barbie girl in the Barbie World, life in plastic, is fantastic…. Ma questi sono i tempi e questa è l’intelligenza artificiale, che consente clonazioni tecnologiche vicinissime al vero perfino in riletture scapestrate come quella del venerato Man in Black. Che dire, infatti, della Smells like teen spirit dei Nirvana swingata da Frank Sinatra con relativa big band? O del Freddie Mercury alle prese con My heart will go on di Céline Dion?

Ormai è possibile creare una hit con l'intelligenza artificiale
Ormai è possibile creare una hit con l'intelligenza artificiale

Ma la lista degli esperimenti (più o meno riusciti) è lunghissima. E non senza polemiche. L’anno scorso, ad esempio, ha fatto scalpore Called heart on my sleeve, brano di Drake e The Weeknd senza Drake e The Weeknd, ma solo con le loro voci riprodotte, perché a farne le spese è stata Selena Gomez, ex fidanzata di entrambi, presa di mira dalle provocazioni del testo (a quando qualcosa di simile con Morgan e Calcutta?). Il fatto che Jovanotti possa mandare a Gianni Morandi il provino di una nuova canzone scritta per lui cantata già con la sua voce, in modo da fargli capire esattamente come interpretarla in studio, lascia intendere quali prospettive spalanchi l’intelligenza artificiale.

"Si tratta di una rivoluzione vera e propria" ammette Renato Caruso, chitarrista e informatico, tornato da poco sul mercato del disco con La Teoria del Big Chord, progetto improntato sull’origine dell’universo. "La musica non è finita, come dicono alcuni, sta solo prendendo un’altra direzione, modificando il tipo di business a cui è legata. Stiamo tornando nell’era di Pitagora secondo cui il numero è la sostanza di tutte le cose, perché tutto è misurabile, dal moto degli astri al succedersi delle stagioni, alle armonie musicali. Il digitale, infatti, ha riportato la musica a scienza togliendogli un po’ del romanticismo ottocentesco che gli era rimasto addosso. Oggi la ragione prevale sul cuore e nelle canzoni c’è più scienza che sentimento, come dimostrano gli oltre 100mila brani nuovi caricati giornalmente sulle piattaforme web in tutto il mondo".

Quando si parla di evoluzione tecnologia e arte si parla di due mondi che non sono mai stati troppo lontani. L’intelligenza artificiale, infatti, prende un’opera d’arte, cerca di capirne le caratteristiche, la modifica e la integra con qualcos’altro. "L’intelligenza artificiale è un acceleratore, un assemblatore ultrarapido di informazioni" prosegue Caruso. "Consiste di fatto in un software da “addestrare“ con l’immissione di una quantità enorme di dati che, nel caso della musica decine di milioni di brani, per migliorarne di continuo le prestazioni. Prendiamo Suno, la piattaforma al momento più virale; gli puoi chiedere la canzone che preferisci, col testo e lo stile che vuoi, e lei te la crea in pochi secondi. Ovvio che gli autori delle composizioni su cui l’intelligenza artificiale ha fatto “allenamento“ possano avere qualcosa da pretendere, mentre dall’altra parte si obietta che trattasi di “fair use“ ovvero utilizzo di materiale coperto da copyright per scopi d’informazione, critica o insegnamento senza bisogno di chiedere l’autorizzazione scritta a chi detiene i diritti, assimilando l’esperienza fatta dalla macchina “a quella del bambino che scrive le sue canzoni rock dopo aver ascoltato il genere“. La replica è che la violazione del diritto d’autore su scala industriale non si qualifica come “fair use“".

Insomma, la controversia sulle royalties è solo all’inizio e l’“AI Act” di recente formazione rappresenta la prima risposta sottoforma di regolamento dalla alla materia delle istituzioni europee. D’altronde il milione e passa di visualizzazioni ottenute da canzoni create con l’intelligenza artificiale dimostrano che il genere s’è già ricavato una sua nicchia. "Oggi, grazie alla tecnologia, tutti sono musicisti, cantanti, produttori e la cosa non sta in piedi" conclude Caruso. Magari lì per lì diventiamo tutti dipendenti di Suno e simili, però ora come ora il gioco dura poco, la “genialità“ digitale lì per lì esalta ma ben presto inizia a mostrare una sua noiosa (meccanica?) ripetitività. Ma è prevedibile che il modello attuale si evolva e si raffini – velocemente, come ChatGPT – sempre più: cosa succederà allora?

Caruso è ottimista. "Sono fermamente convinto che, con all’avvento dell’intelligenza artificiale, ci sarà una riduzione della tanta fuffa musicale che ci circonda. Perché in questo mondo ipertecnologico a fare da discrimine alla fine saranno proprio quelle vibrazioni che l’intelligenza artificiale non può dare, con la conseguenza che gli artisti veri, quelli capaci di regalare emozioni autentiche, guadagneranno ancora più consenso".