Venerdì 27 Settembre 2024
MATTEO MASSI
Magazine

Squallor & gag: Cerruti, voce della goliardia

Il discografico, fondatore della band demenziale e sodale di Arbore, muore a 78 anni. Renzo: "Ora è in cielo a guidare la Volante 1"

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di Matteo Massi

Il suo nome era Cerruti, Alfredo. E lo chiamavano Squallor. Gli Squallor, appunto, un gruppo che ha pubblicato qualcosa come 35 dischi, ha ispirato almeno un paio di film, che si è attirato la censura di radio e (per un po’) anche della tv, ma poi agli inizi degli anni ’80 il tormentone Ciao, comprati Arrapaho (il disco dei suddetti Squallor), entrò nelle case degli italiani dalle reti (allora) Fininvest. Se non ci fossero stati gli Squallor – primo fenomeno del rock demenziale italiano (prima ancora degli Skiantos) – non ci sarebbero stati, probabilmente, nemmeno Elio e le Storie Tese. Cerruti – morto ieri a 78 anni – era la voce narrante di quel gruppo che in quanto a talento musicale, non faceva difetto: con lui Giancarlo Bigazzi e Daniele Pace, parolieri e autori di una manciata di canzoni di successo come Lisa dagli occhi blu, Montagne verdi o la sempre eterna Gloria, invidiata (e citata) perfino dal genio del Brit pop, Jarvis Cocker negli anni Novanta con i suoi Pulp.

Era il 1969 – come racconterà lo stesso Cerruti nelle rarissime interviste concesse in carriera, una ogni trent’anni, praticamente – e ispirato da un film con Raquel Welch, sulla base di Lady Barbara dei Profeti (parte musicale e parte recitata) s’inventò 38 luglio, quella che probabilmente rimane la canzone di maggior successo degli Squallor. Insieme agli amici Pace e Bigazzi e con Totò Savio (Cuore matto, Erba di casa mia, Maledetta primavera), decidono di inciderla.

Ma per tutti la prima occupazione era ben altra. Cerruti era un discografico di successo (Cbs, Cgd e Ricordi). Sempre a caccia di talenti: scoprì lui Gigliola Cinquetti, i Pooh. Racconta Oscar Prudente, che con Fossati firmò Pensiero stupendo, che Cerruti lo chiamava alle ore più improbabili ("Prudende, ce l’hai una nuova canzone?"). Soprattutto di notte. Si era fissato che Pensiero stupendo dovesse cantarla Loredana Bertè. Lei si rifiutò e arrivò Patty Pravo.

Canzoni, nonsense e storie d’amore. Anzi, una su tutte. Quella con Mina, di cui Cerruti ha sempre parlato pochissimo. Ma basta sbirciare un po’ gli archivi online per scorgere, in bianco e nero, le foto rubate alla coppia. "È difficile convivere col pensiero – raccontò una volta Cerruti – che non puoi fare nemmeno colazione in pace al bar, perché stai con Mina e sei inseguito dai paparazzi".

L’Italia del Cerruti, napoletano che si spingeva a Roma e a Milano solo quando era necessario, era un’altra Italia, che aveva voglia di ridere, che sfidava la censura, al tempo una tagliola (i suoi Squallor sparavano, non a salve, contro Vaticano e politici): "Ho sempre inseguito l’allegria, una vita senza sarebbe un’agonia. E io di agonizzare non ho voglia". E quando Arbore nell’87 lo chiamò per Indietro tutta!, al netto dei giochi di parole, non si tirò indietro. Lui era la voce dello sketch "Volante 1 a Volante 2: Chiamo io o chiama lei?".

Un flashback, a quelle notti. Radio che gracchia, con Arbore che sorride davanti alle telecamere: "Da Volante 1 a Volante 2, c’è un toro che sta bloccando il traffico in via Nomentana. Il toro si sta avviando verso il palasport dove deve tenere un concerto". Altra gracchiata dalla radio: "Vorrei solo sapere se il toro ha regolare permesso d’ingresso nel nostro Paese".

Era l’Italia dell’amabile cazzeggio, anche in televisione, del Cerruti. Ora Renzo si commuove: "Starà nei cieli a guidare la sua Volante".