Giovedì 22 Agosto 2024
ANDREA MARTINI
Spettacoli

Non solo bello. Dava il meglio nei ruoli ombrosi

Alain Delon, icona di bellezza e talento, ha affrontato il dilemma se la sua straordinaria bellezza abbia influito sulla sua arte attoriale. Con oltre duecento interpretazioni, ha dimostrato di eccellere nei ruoli misteriosi e complessi, grazie anche alla regia italiana che ha saputo valorizzare la sua profondità emotiva.

Alain Delon

Alain Delon

Bello come un dio greco. Quest’espressione popolare, spesso abusata, è la perfetta epitome per la figura di Alain Delon. L’attore francese che ancora una decina d’anni fa offriva il volto per reclamizzare un celebre profumo incarnava alla perfezione quel genere d’avvenenza: un’armonia insondabile. Per Delon è giusto porsi la domanda: la bellezza, nella sua versione più pura, sottrae o aggiunge qualcosa all’arte dell’attore?

Il quesito è ozioso ma sarà un caso se tra le oltre duecento interpretazioni Delon è sempre più convincente laddove l’ombrosità, l’arcano o il velo del mistero hanno prevalso? Splendido Mr. Ripley in Delitto in pieno sole, febbrilmente ambiguo nella Piscina, torbido in Monsieur Klein, insondabile agente di cambio in L’eclisse, melanconicamente indifferente nei capolavori di Melville (Frank Costello, I senza nome, Notte sulla città), unico tra i registi capace di accettarne fino in fondo l’inclinazione del carattere più genuina. Del resto, i ruoli in cui più lo ritroviamo di routine, furono flic o voyou, interpretati alternativamente con quell’indifferenza di cui faceva sfoggio. Nonostante il suo fisico glielo permettesse, la parte del giovane romantico non gli si addiceva: alle delicatezze dei corteggiamenti preferiva le contorsioni nervose degli eroi insolenti. Forse in questa aprioristica scelta sta il maggior limite di un’arte professata con onore per settant’anni. Gli unici a spingerlo sulla strada della probità schermica furono i registi italiani. Zurlini per la complessa figura dell’insegnate liceale nella Prima notte di quiete e, ovviamente, Visconti che da vero Pigmalione seppe fare emergere (prima Rocco e poi in Tancredi del Gattopardo) dalla maschera della fredda bellezza la nascosta femminilità di un cuore battente.