Roma, 7 settembre 2023 – Il 9 settembre del 1998, 25 anni fa, ci lasciava per sempre Lucio Battisti, eccelso interprete della canzone italiana d’autore venuto a mancare dopo un lungo periodo di silenzio che, un po’ come sta accadendo a Mina, ha contribuito immensamente ad aumentare la fascinazione e il mistero sul suo personaggio. Nato il 5 marzo del 1943 a Poggio Bustone, Battisti ha interpretato nel corso della sua straordinaria carriera pezzi che hanno scritto una pagina fondamentale della musica italiana: vediamo in che modo il suo contributo è stato così prezioso, con un breve ritratto del cantante e delle sue canzoni più celebri.
Chi era Lucio Battisti: le origini e i primi passi nel mondo della musica
Lucio Battisti crebbe prima in provincia di Rieti e poi a Roma, iniziando la sua esperienza musicale intorno ai 13 anni, quando chiese per la prima volta ai genitori che gli regalassero una chitarra, strumento che avrebbe presto imparato a suonare da autodidatta. Diplomatosi perito elettrotecnico nel 1962 non senza fatica e sacrifici (l’artista era ormai praticamente ossessionato dalla sua fedele chitarra, che strimpellava giorno e notte) entrò quasi subito a far parte del suo primo gruppo in assoluto, gli Svitati. Battisti, che in un periodo piuttosto difficile sfiorò persino l’idea di abbandonare la musica, avrebbe presto ottenuto una prima importante occasione con la conoscenza del leader della band Campioni, Roby Matano, che lo spronò a sviluppare il suo talento per la scrittura di canzoni. I primi pezzi scritti in questi anni sarebbero rimasti per sempre inediti, o comunque, sconosciuti, ma avrebbero comunque permesso a Battisti di crescere a livello artistico. L’anno chiave fu per lui il 1965, quello in cui conobbe per la prima volta l’amico e storico collaboratore Mogol, l’autore per eccellenza della musica italiana contemporanea, con il quale diede il via ad un sodalizio artistico destinato a cambiare per sempre la sua vita. Il primo pezzo in assoluto che i due scrissero fu ‘Hey ragazzo’, inciso nel 1968 dall’Equipe 84: da questo momento, niente sarebbe più stato lo stesso.
Il rapporto artistico con Mogol
Nel 1967 uscì il loro primo pezzo davvero “importante”, ‘29 settembre’, un brano carico di quella psichedelia che avremmo poi ascoltato anche in molti altri brani di quel periodo a cavallo tra gli anni ‘60 e i ‘70. Per quanto possa sembrare incredibile, un grande classico come il singolo ‘Prigioniero del mondo/Balla Linda’ del 1968 non ottenne il successo che avrebbe meritato, passando praticamente inosservato alla competizione ‘Un disco per l’estate’ di quell’anno. Per poter notare un reale cambio di rotta Mogol e Battisti avrebbero dovuto attendere ancora un po’. La consacrazione vera e propria, infatti, arrivò con ‘Un’avventura’, brano che segnò la prima e unica partecipazione di Lucio Battisti al Festival di Sanremo, e successivamente con il singolo ‘Non è Francesca’. Il primo disco omonimo dell’artista uscì lo stesso anno della kermesse, riscuotendo un ottimo riscontro da parte del pubblico, che consegnò al cantante la terza posizione nella classifica dei dischi più venduti in Italia del 1969. Da questo momento in poi si aprirono per Lucio Battisti e Mogol le porte del firmamento della musica italiana: tra gli anni ‘60 e ‘70 la loro collaborazione artistica li portò in vetta alle chart con la pubblicazione (tra gli altri) di album iconici del calibro di ‘Umanamente uomo: il sogno’, ‘Il mio canto libero’, ‘Una donna per amico’ e ‘Una giornata uggiosa’. In questo medesimo periodo (siamo nel 1971) Lucio Battisti pubblicò anche ‘La canzone del sole’, uno dei suoi pezzi più celebri in assoluto, diventato un singolo fondamentale del suo repertorio nonché il primo inciso con la sua nuova casa discografica Numero Uno, dove entrò subito dopo la fine del suo rapporto di lavoro con la Ricordi. Il brano in questione, mai inserito in alcun album, è noto ai più soprattutto per essere uno dei pezzi che più spesso si insegna agli alunni alle prime armi con la chitarra, proprio alla luce della sua semplicità melodica.
Il ritiro e la morte
L’estate del 1970 sarebbe stata quella in cui il cantante avrebbe concesso il suo ultimo tour in assoluto. Verso la fine del decennio dei ‘70, inoltre, Battisti decise di non rilasciare mai più alcuna intervista ai media, mentre nei primi anni ‘80 (pur continuando a pubblicare pezzi inediti) si ritirò definitivamente dalle scene. Sembra che uno dei principali motivi che lo spinse a prendere questa decisione fu la pesantezza del clima socio-politico che si respirava in quegli anni in Italia.
In un’intervista concessa a Repubblica, Mogol spiegò: “Il ’68 fu un anno terribile: o eri falce e martello o fascista. Per questo, dissi a Lucio di ritirarsi. Era meglio stare a casa che venire contestato durante i concerti. Arrivarono ad accusarci di simpatizzare per il fascismo poiché nel testo di La collina dei ciliegi, nominammo i boschi di braccia tese. Era solo un’invocazione, ma i palmi levati l’uno verso l’altro divennero, all’immaginario delle persone, saluti fascisti. Che follia!”. Lucio Battisti morì all’Ospedale San Paolo di Milano il 9 settembre del 1988: il mistero che aveva voluto mantenere sul suo personaggio sarebbe aleggiato anche sulle sue cause del decesso, mai del tutto chiarite. Sembra che una parte della stampa avesse ricevuto delle indiscrezioni rispetto ad una presunta dialisi a cui l’artista si sarebbe sottoposto a lungo. Alcuni hanno parlato anche di un possibile tumore, ma nessuna versione ufficiale è mai stata confermata dalla famiglia del cantante. La sua eredità, evidentemente, non si è mai affievolita: ancora oggi Battisti (il cui catalogo completo è stato reso disponibile in streaming solo dopo una lunga battaglia legale, nel 2019) ispira le nuove generazioni di giovani artisti e parolieri che, come lui, sognano un giorno di sfondare nel mondo della musica entrando nella leggenda.