Lorenzo Spolverato, in lacrime, ha confessato il segreto che lo affligge al Grande Fratello e nella sua vita e che non lo lascia libero da quando aveva 15 anni.
“E’ successo nei primi anni delle scuole superiori – racconta Lorenzo Spolverato –. Sono entrato a far parte, in modo del tutto inconsapevole, di alcune bande che ai tempi c’erano e venivo costantemente obbligato a fare delle cose. Non venivo lasciato stare. I primi momenti riuscivo a tornare a casa dopo scuola e chiudermi in camera, ma non era così tutti i giorni. Tornando a casa era come se io sapessi quello che stavo facendo, ma come se non riuscissi a tirarmi fuori e nasconderlo ai miei genitori. Loro non lo sapevano e infatti ho tantissima paura nel dirlo. Ero bravo a nasconderlo”.
“Queste persone mi venivano a prendere a scuola, andavo nei capannoni in mezzo ai campi dove c’era il raduno di questa banda – aggiunge -. Erano tutti più grandi di me. Mi obbligavano a fare delle cose, delle missioni nei giorni successivi. Episodi di violenza tanti, fatti e ricevuti. Ero veloce, ero bravo. Non mi lamentavo, facevo quello che mi dicevano di fare, ero furbo e loro puntavano su di me anche perché ero più piccolo di loro. Mi promettevano soldi, che però non sono mai arrivati. Quando non facevo quello che volevano, mi picchiavano. Sono successe delle cose anche con le ragazzine che frequentavo. Mi legavano, mi bloccavano, mi picchiavano e picchiavano di fronte a me le ragazzine con cui stavo. Non potevo sottrarmi a loro, ma avrei voluto fin dal primo momento. Avevo paura di loro, erano tanti. Erano armati. Ti puntavano pistole e coltelli”.
"Non ho mai chiesto aiuto, non ho mai denunciato – conclude Lorenzo -. I fantasmi che ho adesso sono quelle persone che per diverso tempo mi schiacciavano, mi insultavano, mi hanno detto che non mi merito niente. Successivamente ho purtroppo esercitato della vendetta su alcune di quelle persone. E’ come se io pensassi di non meritarmi delle cose, delle persone. Da quando ci siamo trasferiti, quando qualcuno mi dice ‘Te lo meriti’ è come se io non ci credessi. Come se mi sentissi inferiore, sbagliato, non all’altezza”.