Lunedì 3 Marzo 2025
ANDREA SPINELLI
Spettacoli

Da batterista a produttore, Michele Torpedine: "Con Clinton, Bocelli e Il Volo ci scappò una jam session"

L’impresario: accadde a casa di Spielberg. Il presidente? Un tipo alla mano. "Suonavo con Orietta Berti e mi spinse a fare il manager. E mi chiamarono Re Mida"

Michele Torpedine, 73 anni, assieme a Piero Barone, 31,. Ignazio Boschetto, 30,. e Gianluca Ginoble, 30,. de ’Il Volo’

Michele Torpedine, 73 anni, assieme a Piero Barone, 31,. Ignazio Boschetto, 30,. e Gianluca Ginoble, 30,. de ’Il Volo’

Roma, 3 marzo 2025 – Stop. Macchina indietro. E panoramica sulla scalinata dell’Opera House di Sydney. "Eravamo lì per un concerto, quando Bocelli mi disse: Michele pensa dove ti ho portato. E io: sì, bellissimo, ma ci ho già suonato con Orietta Berti". Ricordi virati dal tempo di Michele Torpedine, ex batterista divenuto poi produttore e impresario di colossi planetari del ’Made in Italy’. "Fu proprio Orietta a suggerirmi di mollare le bacchette per fare il manager" dice. "Una volta l’ha ricordato pure a Mara Venier nello studio di Domenica In, uscendosene con la battuta che se non fosse stata lei a consigliarmi di cambiare mestiere non ci sarebbero stati Zucchero, Giorgia, Bocelli, Il Volo". Il gusto per l’iperbole dell’Usignolo di Cavriago, certo, ma con un fondo di verità. "L’incoraggiamento di Orietta rappresentò lo stimolo giusto per partire. Anche se il primo passo l’ho fatto poi con Zucchero, conosciuto quando suonavamo entrambi nei locali della Versilia, e mettendo in piedi contemporaneamente con Bruno Sconocchia il tour ‘Insieme’ di Ornella Vanoni e Gino Paoli, tre mesi di concerti che ci resero improvvisamente ‘soggetti rilevanti’ per l’agenzia delle entrate. Credo che al Sistina di Roma sia ancora quello lo spettacolo record d’incassi".

Come nacque il sodalizio Vanoni-Paoli?

"Grazie a Walter Veltroni, sul palco della Festa dell’Unità di Roma. Davanti alla risposta del pubblico capimmo l’enorme potenziale che quell’incontro si portava dietro. Fu Ornella a volerlo. Aveva appena vinto una causa importante con Canale 5 e utilizzò l’indennizzo (300 milioni - ndr) per finanziare lo spettacolo".

L’emozione più grossa?

"Quando, grazie ai successi di Zucchero, Antonacci, Carboni, Pino Daniele, Giorgia, Bocelli, Il Volo, iniziarono a definirmi il ‘Re Mida’ della musica italiana perché qualsiasi cosa toccassi diventava oro. Un riscatto per me che venivo da Minervino Murge".

Momenti straordinari ne avrà vissuti tanti. Il primo che le viene in mente?

"Berlusconi, personaggio eccezionale, un giorno chiese a Bocelli di fare una sorpresa a George Bush in visita a Roma. Così nascondemmo un pianoforte in un salone di Villa Madama e quando il presidente arrivò Andrea spiazzò tutti cantando. Dopo un paio d’anni, in visita alla Casa Bianca sempre con Bocelli, portai a Bush i saluti di Berlusconi e lui si ricordò subito di quella sorpresa. A proposito di presidenti americani, molto alla mano pure Clinton, con cui una sera Andrea, Il Volo e io andammo vicini a fare una jam session a casa di Steven Spielberg".

Come nacque l’idea del Pavarotti & Friends, di cui è stato direttore artistico per due edizioni?

"Tutto partì da ‘Miserere’, canzone di 4 minuti e 15 secondi che ha dato vita ad un incrocio tra lirica e pop da cui è nato il Pavarotti & Friends, la carriera di Andrea Bocelli e di riflesso quella de Il Volo, partiti proprio venerdì scorso da Rancho Milage, in California, con un tour di 20 concerti negli Stati Uniti".

Big Luciano, però, quel duetto non lo voleva fare.

"Andai fino a Filadelfia per fargli ascoltare il provino (con la voce dello sconosciuto Bocelli, ndr), ma alla fine mi congedò dicendo ‘ringrazi Zucchero, che stimo molto, ma con un artista di musica leggera non canterò mai’. Dopo un paio di settimane ricevetti la telefonata di Gianfranco Rebulla, presidente al tempo della Polygram Classics, perché il Maestro voleva parlarmi. Andai a Modena e Luciano mi propose di mettere in piedi, oltre al duetto di ‘Miserere’, uno show speciale che aveva in mente, dedicato ai cantanti della Via Emilia".

Vale a dire?

"Un evento in cui pensava di coinvolgere Dalla, Carboni, Morandi, Mingardi, gli Stadio, Vasco, Guccini, Liga, ma Zucchero aveva già buoni contatti con Sting, Paul Young, Eric Clapton, Brian May e pensammo di alzare l’assicella ‘internazionalizzando’ l’idea".

Preferisce il Torpedine manager o produttore?

"Il produttore. Zucchero dice sempre che sono un artista mancato e ha ragione, perché tutto quel che ho fatto per gli altri avrei voluto farlo per me. Farlo suonare al Cremlino, ad esempio, è stata la coronazione di un sogno mio, cresciuto col mito della grande madre Russia che m’aveva inculcato papà, fervente comunista".

Ce l’ha un rimpianto?

"Non sono un tipo diplomatico e molti rapporti me li sono rovinati per impulsività. Come ho scritto nell’autobiografia ‘Ricomincio dai tre’, dove i tre sono ovviamente Piero, Ignazio e Gianluca de Il Volo che mi hanno fatto tornare la voglia di fare questo mestiere, a volte mi sono mancati dei grazie. E ho reagito male".

La ferita più profonda?

"Zucchero sa quanto lo stimo. E l’irrigidimento del nostro rapporto è la cosa che m’ha fatto più male".

Un capitolo da aggiungere alla sua autobiografia?

"Dopo aver perso improvvisamente la mia collaboratrice più stretta, Barbara Vitali, al mio fianco per 29 anni, mi sono reso conto ancora di più che la vita è un lampo. E che di Martin Lee “Marty” Erlichman, manager novantacinquenne di Barbra Streisand, ce n’è uno solo. Quindi, dopo quarant’anni che faccio questo mestiere, più che un capitolo, aggiungerei una frase finale, per chiedere scusa. Del mio carattere".