Giovedì 22 Agosto 2024
GIOVANNI SERAFINI
Spettacoli

Addio leggenda. Alain, fragile samurai dagli occhi di ghiaccio: "Monumento francese"

L’attore “faccia d’angelo“ del cinema è morto a 88 anni nella sua villa a sud di Parigi. L’annuncio dato dai tre figli. Bardot: "Vuoto incolmabile, era talento e bellezza". Incarnò un eroe sfrontato ma gli ultimi anni sono stati segnati dalla depressione.

Addio leggenda. Alain, fragile samurai  dagli occhi di ghiaccio: "Monumento francese"

L’attore “faccia d’angelo“ del cinema è morto a 88 anni nella sua villa a sud di Parigi. L’annuncio dato dai tre figli. Bardot: "Vuoto incolmabile, era talento e bellezza". Incarnò un eroe sfrontato ma gli ultimi anni sono stati segnati dalla depressione.

Un ribelle, un seduttore, un Samurai dallo sguardo di ghiaccio, ma anche un uomo fragile, prostrato negli ultimi tempi dalla depressione e dalla malattia: Alain Delon si è spento "serenamente" ieri all’alba nella sua proprietà di Douchy, 200 chilometri a sud di Parigi a 88 anni. L’annuncio è stato dato dai suoi tre figli, Alain Fabien, Anouchka e Anthony, che hanno associato al loro nome quello di Loubo, il cane pastore adorato dall’attore.

Il cinema francese è in lutto per la perdita di questo "immenso monumento", come lo ha definito il presidente Emmanuel Macron. Dopo la morte di Belmondo, Delon era rimasto con Brigitte Bardot l’ultimo mostro sacro, l’ultima icona, l’ultima leggenda del divismo anni Sessanta mai sostituito nell’immaginario popolare. "La sua scomparsa – ha commentato BB – crea un vuoto spaventoso che niente e nessuno sarà in grado di colmare. Era un ambasciatore di eleganza, talento, bellezza. Ho perso un amico, un alter ego, un complice. Condividevamo gli stessi valori, lo stesso amore per gli animali".

"Faccia d’angelo", incarnazione dell’eroe equivoco idolatrato da principesse e prostitute, Alain Delon si lascia alle spalle una galleria di successi: Rocco e i suoi fratelli a L’eclisse, dal Gattopardo a Parigi brucia, dal Samurai a La Piscina, senza dimenticare Il cerchio rosso, Borsalino, Monsieur Klein e tanti altri. Il suo percorso glorioso si è poi arenato nel triste crepuscolo degli ultimi due decenni. Il Samurai non era più che l’ombra di se stesso. Deluso dal disinteresse dei giovani (che non lo conoscono) e da sondaggi negativi (il 55 per cento dei francesi lo reputano "collerico, permaloso, umorale, provocatorio, megalomane, antipatico e troppo di destra"), Alain Delon si era chiuso in se stesso: "La mia vita non va affatto bene, per la stanchezza, il tempo che passa, gli amici che scompaiono. Penso spesso al suicidio. Vedo davanti agli occhi la scena: farlo non è tanto difficile", aveva detto. Lo aveva profondamente colpito nel 2017 la morte di Mireille Darc, l’attrice che per 15 anni era stata la sua compagna: "Adesso che Mireille se n’è andata, posso andarmene anch’io", aveva commentato. Finì in ospedale per un intervento all’arteria femorale, poi si riprese e tornò a casa alle cure di Anouchka, nata dall’unione con la mannequin olandese Rosalie Van Breemen.

Nato a Sceaux nei pressi di Parigi l’8 novembre 1935, segno zodiacale Scorpione, figlio del direttore di un piccolo cinema e di un’impiegata di farmacia, ebbe un’infanzia infelice. I genitori si separarono quando aveva 4 anni e lo misero in un pensionato cattolico. Affidato a una famiglia in cui il padre era una guardia del carcere di Fresnes, si fece cacciare 6 volte dagli istituti scolastici. "Mi piaceva solo la bicicletta, andavo al Tour e conobbi anche il grande Fausto Coppi". Quando compì 16 anni sua madre si risposò con il titolare di una macelleria e cercò di convincerlo a fare il garzone. Rifiutò e si arruolò nella Marina militare. Lo spedirono in Vietnam, dove finì in prigione per aver rubato una jeep. Tornato a Parigi fece lo scaricatore ai mercati generali delle Halles, frequentò il mondo della boxe, i bassifondi di Pigalle e la malavita di Montmartre. Riuscì a sedurre un’attrice, Brigitte Auber, che lo introdusse nel mondo del cinema. Era bello, spregiudicato e fece fortuna rapidamente: attore, produttore, allevatore di cavalli, proprietario di piccole compagnie aeree, organizzatore di incontri di boxe. Una star internazionale. Non riuscì a imporsi a Hollywood, in compenso conquistò Giappone e Cina, dove ancora furoreggiano i marchi di pret-à-porter, sigarette, occhiali, mobili e bevande alcoliche che portano il suo nome. La cronaca si occupò di lui per un affare tenebroso, la morte in circostanze mai chiarite della sua guardia del corpo, lo slavo Stevan Markovic, legato a loschi traffici con ricatti a sfondo sessuale.

Dongiovanni irresistibile, ha avuto donne bellissime e famose – Dalida e Romy Schneider, Anne Parillaud e Nathalie Delon, Mireille Darc e Rosalie Van Breemen – ma tutte lo hanno lasciato. Solo gli animali mi sono stati fedeli, diceva. A Douchy ha fatto costruire un cimitero per i suoi cani (ne ha avuti una cinquantina), al cui centro sorge una cappella funeraria con 6 posti: "Uno è per me. Gli altri per chi vorrà venire a farmi compagnia", disse.