Giovedì 21 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
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Specie aliene, l’invasione non si arresta. Genovesi: “Duecento nuovi predatori all’anno”

Un libro dello studioso, tra i maggiori esperti del fenomeno, svela numeri choc e danni su ambiente, economia e salute. In Italia granchio blu, formica di fuoco ma anche cimice asiatica e nutria: conti stellari

Roma, 13 settembre 2024 - Ma cosa sono le specie aliene invasive? E perché ci dobbiamo preoccupare? Ancora: esistono alieni buoni? Il problema non viene archiviato dalla fine dell’estate e dalla neve di settembre. Mentre finiscono (più o meno) sotto i riflettori granchio blu, formica di fuoco, vespa velutina e cimice asiatica, nel mondo dobbiamo già fare i conti con decine di altri predatori, “duecento nuovi all’anno”. Uno spaventoso fenomeno globale.

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Specie aliene invasive, i danni che provocano hanno numeri stellari
Specie aliene invasive, i danni che provocano hanno numeri stellari

Il numero choc e la definizione sono di Piero Genovesi nel suo libro Specie aliene (quali sono perché temerle e come possiamo fermarle, Editori Laterza). L’autore, responsabile fauna selvatica dell’Ispra, è tra i maggiori esperti di questo argomento, ancora poco masticato. Le risposte dello scienziato a Quotidiano.net ci accompagnano tra invasioni e lotte feroci, magari silenziose, effetti sconvolgenti e competizione ecologica. Ecco il nostro viaggio in 10 punti.

1. La guerra tra gli scoiattoli grigi e rossi

Questa storia inizia con una guerra. Genovesi era un giovane studioso negli anni Novanta quando si trovò ad affrontare l’invasione degli scoiattoli grigi americani, che erano stati portati in Piemonte dagli Stati Uniti per un nobile capriccio. Problema poi ‘eradicato’, per evitare la scomparsa silenziosa della specie autoctona. Progetto pionieristico costato però all’autore una condanna per bracconaggio (l’assoluzione in secondo grado). Perché ancora non esistevano le leggi e le parole.

2. Gli alieni di casa nostra

Le specie aliene, chiarisce Genovesi, sono “piante, animali o altri organismi viventi che noi umani trasportiamo lontano dai loro ambienti naturali in maniera volontaria o accidentale”. Il primo vettore nei secoli è stato il corpo umano. Nutrie, cimici asiatiche, granchi blu e formiche di fuoco sono tra gli alieni di casa nostra. 3.500 le specie invasive su 37mila aliene, duecento all’anno le nuove incursioni. E teniamoci prudenti. Perché noi conosciamo meno di 2 milioni di specie su oltre 8 milioni stimate in tutto il globo.

3. Come arrivano a noi le specie aliene?

Dottor Genovesi, lei scrive: le specie aliene invasive arrivano anche attraverso le suole delle nostre scarpe. “Proprio per questo lo strumento principe è la prevenzione. Quando arrivi in Nuova Zelanda ti chiedono se sei stato in terreni agricoli e in quel caso sei obbligato a disinfettarti le scarpe. Penso alla formica di fuoco sbarcata in Sicilia. Ci siamo dimostrati impreparati. In Nuova Zelanda, invece, si sono attrezzati con trappole nei porti, intervengono e risolvono. Sono misure che richiedono semplicemente attenzione. Basta questo per ottenere risultati positivi”.

4. I costi delle specie aliene invasive

Qualche numero che ricorda nel libro: 1.738 miliardi di dollari la stima dei danni provocati in mezzo secolo dalle specie aliene invasive, 423 miliardi all’anno, fa 300 milioni da sola la cimice asiatica alla frutta in Val Padana, altri 12 milioni sono in carico alla nutria. E parliamo quasi esclusivamente delle perdite dirette, senza mettere in conto le risorse per gli interventi. Il dato finale, lei scrive, non esiste.

“I costi sono davvero molto elevati. E noi tendiamo ad essere reattivi piuttosto che proattivi, aspettiamo che il fenomeno esploda piuttosto che intervenire prima. Abbiamo imparato nel campo della salute che investire è importante. L’obiettivo del libro è quello di aumentare la comprensione e la consapevolezza. Anche se è difficile spiegare una minaccia ben poco compresa. Molto spesso le specie che hanno impatto sull’ambiente hanno impatto anche sulla nostra vita, sulla salute e sull’economia. Questo ho cercato di dimostrare nel libro, cosa che emerge dal lavoro Ipbes e si ricollega anche alla nutria. Davvero si può lavorare insieme”.

Specie aliene invasive: hanno costi altissimi, la lotta si fa prima di tutto con la prevenzione
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5. Le invasioni biologiche

Lei parla di “invasioni biologiche”, definizione che rende un’idea precisa delle lotte e degli sconvolgimenti. Dagli animali alle piante - soprattutto ornamentali - dagli invertebrati ai microrganismi: quali sono le specie aliene invasive che potrebbero svilupparsi di più? “Abbiamo fatto analisi su scala mondiale. Il pericolo di nuovi arrivi riguarda tutti i gruppi. Ma, anche pensando ai cambiamenti climatici, è molto probabile che aumenti soprattutto il numero di invertebrati. Molti arrivano accidentalmente, per questo sono meno contrastabili con la regolamentazione dei commerci, ad esempio. E poi tanti invertebrati potrebbero trovarsi meglio in un clima che si riscalda”.

6. La storia delle specie aliene in Italia

Lei ha attraversato la storia delle specie aliene in Italia. Che cosa è cambiato, prima di tutto nell’atteggiamento delle istituzioni? “Sicuramente è cambiato molto, oggi abbiamo un quadro normativo che distingue tra specie aliene e autoctone. Negli anni ‘90 questo non c’era, così in primo grado siamo stati condannati come bracconieri per il progetto di eradicazione degli scoiattoli grigi in Piemonte. Poi in secondo grado è arrivata l’assoluzione. Allora la legge proteggeva tutte le specie, senza distinguere. In seguito è stato redatto un regolamento europeo, che impone obblighi di controllo ed eradicazione. Anche la norma nazionale è stata cambiata per cui oggi c’è un generale obiettivo di eradicazione di tutte le specie aliene. La 157, che regola uccelli e mammiferi, prevede un divieto di introduzione”.

7. Cosa manca per un contrasto alle invasioni?

“Manca ancora attenzione vera dal mondo istituzionale, le Regioni fanno molto poco, lo abbiamo visto anche con la formica di fuoco. Investono molto poco, è davvero l’ultima delle priorità, per questo una volta che i problemi esplodono si trovano a doverli fronteggiare con armi spuntate. Servirebbe più attenzione. Anche se è cambiato il quadro normativo di riferimento e sono cambiate le politiche internazionali, c’è ancora molto da fare in termini di impegni concreti”.

8. Duecento nuove specie aliene all’anno

“I tassi sono molto preoccupanti. Duecento sono quelle note. Ma dobbiamo ricordare che nel mondo esistono oltre 8 milioni di specie e noi ne conosciamo meno di 2 milioni. Quindi c’è una parte invisibile che non riusciamo a misurare. L’accrescimento continua, non abbiamo ancora segni di saturazione, di rallentamento, tranne che nei mammiferi e nei pesci, in quel caso le leggi stanno avendo effetto. L’obiettivo che ci siamo dati a scala mondiale, dimezzare il tasso di introduzione, richiede che i paesi lavorino sulla prevenzione e sulla consapevolezza. Il traguardo è ambizioso, richiede un gran cambio di passo.

9. L’importanza del dialogo

Il libro si chiude con la parola dialogo. “Sì, perché senza non si ottiene nulla. Mettere in sicurezza l’ambiente vuol dire mettere in sicurezza anche la nostra salute. Quando venne approvato, il regolamento europeo sulle specie invasive ottenne una larghissima maggioranza”. Quelle invasive sono comunque 3.500 su 37mila. “Infatti. Il fenomeno ha impatti giganteschi ma con questi numeri può essere messo sotto controllo. Come il Canada ha fatto con il ratto o come abbiamo fatto con la peste bovina, in quel caso più per mettere in sicurezza gli allevamenti. Ha richiesto un impegno mondiale ma si è potuto fare. Non è un traguardo irrealistico o impossibile”.

10. Alieni buoni e cattivi

Lei distingue tra alieni buoni e cattivi. Erano ‘stranieri’ anche patate, pomodori, cipressi e grano. Ma oggi sono parte fondamentale della nostra identità. “Ogni tanto litigo con una scuola di pensiero australiana che dice, dobbiamo fare pace con gli alieni, dobbiamo convivere con questi ecosistemi nuovi. Rispondo, veramente noi ci conviviamo da millenni, non è che pensiamo di cambiare i nostri paesaggi. In Europa nessuno pensa di tornare agli ambienti originali di migliaia di anni fa. Chiaro che conviviamo con ambienti modificati dall’uomo. Combattiamo solo le specie invasive che provocano forti impatti e danni, all’economia ma anche alla salute. Ci concentriamo su quelle. Non è sovranismo ambientale”.