L’abbraccio dell’Ariston non riesce ancora ad immaginarselo, visto che l’altra volta, causa pandemia, dovette esibirsi davanti ad una platea di palloncini. “Ma ad incuriosirmi è soprattutto l’atmosfera della città, allora deserta o quasi” ammette a poche ore dal via Willie Peyote (Guglielmo Bruno) nello studio di Soundcheck, il format musicale disponibile sul sito web e sui social del nostro giornale, parlando di questa sua seconda esperienza in Riviera. “Comunque, già alle prove, una maggior leggerezza nell’aria l’ho avvertita subito”.
Al tempo disse di non avere tanta voglia di riprovarci. Poi cos’è successo?
“Vedere in questi anni il mio direttore d’orchestra Daniel Bestonzo tornare all’Ariston con altri artisti immerso nel caos di Festival così come lo conosciamo, mi ha fatto venire la voglia di provare l’esperienza fino in fondo almeno una volta. E poi ad agosto compio quarant’anni, quindi l’idea di rifare Sanremo in una ricorrenza così speciale mi piaceva”.
In questi quattro anni c’è stato un brano che…
“Ho scritto diversi pezzi di cui sono concento, ma nessuno col le potenzialità giuste per arrivare su quel palco. Tant’è che, com’è arrivato ‘Grazie ma no grazie’, mi sono subito detto: questo potrebbe…”.
Cosa le ha insegnato quella prima esperienza sanremese?
“Che ci sono arrivato un po’ troppo naif, con una forma di supponenza data dalla convinzione di conoscerlo senza averlo mai frequentato, dall’idea di poterne stare contemporaneamente dentro e fuori. Ora torno con un’altra consapevolezza, data anche dall’esperienza accumulata dopo quella partecipazione che mi ha portato a cambiare approccio con questo lavoro, a volte anche autolimitante. Invecchiare aiuta sempre”.
![Willie Peyote durante l'intevista a Soundcheck](https://www.quotidiano.net/image-service/view/acePublic/alias/contentid/ZTdjOWQxMGUtNzUxMi00/0/willie-peyote-durante-l-intevista-a-soundcheck.webp?f=3%3A2&q=1&w=1280)
La costruzione del pezzo è particolare
“Il mio ruolo è quello del narratore e quindi molte frasi del testo, anche se pronunciate da me, non sono mie. Mio è, invece, quel ‘grazie ma no grazie’ che intercala i diversi momenti”.
A proposito di testo, la citazione dei Jalisse?
“Il mio modo di approcciare Sanremo è anche quello di prenderlo un po’ in giro. L’ho fatto con ‘Mai dire mai (la locura)’ e lo faccio pure con ‘Grazie ma no grazie’. Il nome dei Jalisse è una costante delle vigilie festivaliere perché in un modo o nell’altro salta sempre fuori. Si parla dei Jalisse sempre con riferimento al Festival, come se nella loro carriera fosse accaduto solo quello, e la cosa a mio avviso è anche un po’ ingenerosa; ma ricorda quanto a Sanremo, più della musica, conti quel che gli gira attorno”.
Per la serata delle cover ha scelto “Un tempo piccolo” di Califano, che esegue con Federico Zampaglione dei Tiromancino e Ditonellapiaga
“Questo perché Franco scrisse originariamente quel pezzo per i Tiromancino e poi ne incise una sua versione. Si tratta di un brano che adoro, perché racconta con poesia la decadenza della vita. E nel 2025 compie, fra l’altro, vent’anni. Califano era romano e io, dovendo compensare il mio essere non autoctono della capitale, ho scelto due indigeni”.
C’è molta territorialità la sera delle cover, perché i romani cantano Califano, i campani Pino Daniele, i genovesi De André, Gaia, italobrasiliana, Vinicius
“Io vado in controtendenza… e con le presenze di Federico e Margherita mi copro un po’ le spalle. Penso, però, che sia riduttivo inquadrare tutto ina semplice ottica territoriale, visto che un genovese (o quasi, trattandosi di Paoli - ndr) lo omaggia pure Joan Thiele con Frah Quintale. Io ho scelto d’istinto, anche perché di artisti piemontesi decisivi per la mia formazione ce ne sono tanti, a cominciare da Fred Buscaglione, Paolo Conte o i Subsonica, senza i quali non farei questo mestiere. Comunque, mi sento abbastanza torinese da poter fare la canzone di un’icona della romanità”.
Il brano del Festival finisce in una riedizione “full option” dell’album “Sulla riva del fiume” uscito l’anno scorso
“Disco di cui vado molto fiero a cui un megafono come Sanremo può dare ulteriore interesse. Oltre a ‘Grazie ma no grazie’ ci saranno altri tre inediti, fra cui ‘Polvere’, che è il mio preferito, o ‘L’ultima lacrima’, ispirata ad una poesia contenuta nel libro omonimo di Stefano Benni, e che ben si prestano a completare la visione di quando l’ho registrato”.
Fra i pezzi che hanno fatto parlare in questi mesi c’è “Giorgia nel Paese che si Meraviglia” in cui non parla esattamente della cantante
“Parafrasando Gaber non temo Giorgia in sé, ma la Giorgia che è in me. E che si manifesta in quell’afflato conservatore, in quella paura dei cambiamenti, che dovrebbe impensierirci un po’ tutti. Quando si ha così tanto timore del nuovo, infatti, sarebbe forse giusto smettere di esprimere opinioni”.