Il Tre dice che a Sanremo si sarebbe accontentato un onorevole 25esimo posto e invece s’è ritrovato 12esimo, lasciandosi dietro gente come Emma, Mannoia, The Kolors, Negramaro. Tutto a dispetto di un titolo d’album come ‘Invisibili’, scelto dal ventiseienne rapper romano con l’intenzione di scacciare un vecchio fantasma.
“Da piccolo vivevo con la paura di non esistere, di camminare per strada senza che nessuno se ne accorgesse» ammette lui, all’anagrafe Guido Luigi Senia, sul set di “Soundcheck”, il format musicale disponibile sulla pagina web e sui social del nostro giornale. "Così ho deciso d’intitolare l’album “Invisibili“ giocando sul paradosso di essere diventato la voce di tanti ragazzi senza voce».
Ha sempre evitato i talent. Perché? "Perché volevo costruirmi il mio castello da solo, anche se non ho niente contro quel tipo di opportunità».
La cosa più sorprendente del Festival e quella meno? "Probabilmente la stessa, ovvero quel vortice di interviste che – altro pradosso – rende forse quello in cui vai in scena il momento meno stressante della giornata. Ma fa parte del gioco. A Sanremo mi sono divertito così tanto che rifarei tutto”.
All’Ariston ha portato dei fiori a sua madre seduta in platea mentre nel disco c’è un brano per suo padre. La famiglia continua a contare molto nella sua vita. "
Anche se mi rendo conto che non tutti hanno un rapporto ottimale coi genitori, per me sono il valore più grande. E lo dimostro pure nei concerti, quando li faccio salire sul palco per mostrare a tutti che il mio nome d’arte nasce proprio dal fatto di essere Tre in famiglia. Oltre, naturalmente, alla coincidenza d’essere nato il 3 di settembre”.
Prendiamo qualche titolo di canzone in gara: “Fragili”, “Finiscimi”, “Autodistruttivo”, “Pazza”. È stato un Sanremo sul lettino dello piscoanalista? "Gli artisti raccontano nelle canzoni le loro esperienze personali. Ma, al di là di qualche testo un po’ cupo legato più al tipo di narrazione che ad altro, non mi è sembrato di cogliere all’Ariston un malessere generalizzato”.
Lei si definisce una specie di araba fenice. Pensa che Sanremo abbia rappresentato un’altra rinascita? "Sotto certi aspetti Sanremo ha rappresentato un punto d’arrivo, l’apice della mia carriera, ma anche una nuova partenza, perché m’ha messo davanti tante nuove strade che non vedo l’ora di percorrere”.
In “Invisibili” lo scatto di copertina la ritrae circondato dai ghiacci nelle acque della Laguna Blu, impianto geotermale non lontano da Reykjavik. La solitudine dei numeri Tre? "A volte ho una percezione di me stesso che s’avvicina a quella di un luogo freddo e disabitato. Ma che, grazie alla musica, riesce a vedere questa distanza trasformarsi in qualcosa di caldo e partecipato".
Il 15 settembre si esibisce al Carroponte di Sesto San Giovanni. "Già, lungo la strada che il 9 novembre mi porta pure al Palasport dell’Eur; quello sì un punto d’arrivo per noi romani”.
Perché? "Per la grandezza simboleggiata da quel palco e per i giganti che ho visto esibirsi lì. Laura Pausini, ad esempio, che non avevo mai visto prima e ho trovato potentissima, ma anche Gemitaiz e Madman, due tra i miei rapper preferiti. Anche se NF, l’artista che in questo momento riesce forse ad ispirarmi più, l’ho ascoltato lo scorso settembre qui a Milano al Fabrique».
Una collaborazione che si sogna la notte? "Quella con Eminem, il mio dio".
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