Lunedì 15 Luglio 2024

Gabbani racconta “Frutta Malinconia”: tra allegria liberatoria e il “Basta” di Gaber. “Scoprirete il mio lato alternativo”

Il cantautore si prepara al nuovo tour: “Cerco ancora la definizione giusta per il tipo di show che voglio portare nelle arene”. Partenza dal Forum a dicembre

Alle falde del Kilimangiaro. Anzi no, di Riccione. Francesco Gabbani nell’ultimo singolo “Frutta malinconia” per raccontare l’oggi si affida all’hully gully di una quotidianità in cui fatica un po’ a riconoscersi, come spiega nello studio di “Sound Check”, il format musicale disponibile pure sul sito web e sui social del nostro giornale, nell’attesa di consegnarla alle playlist, o più appropriatamente al ‘juke-box’, dell’estate. "Cito quella hit anni Sessanta di Edoardo Vianello per parlare di oggi e di una realtà fatta di controsensi, di forzature, del voler essere quel che non siamo" spiega il cantautore carrarese, 41 anni, che firma il pezzo assieme al fratello Filippo, a Fabrizio Degli Innocenti e a Gino Pacifico. "Una contemporaneità caratterizzata dal vivere sdoppiati, digitalizzati, che a me continua ad andare un po’ stretta".

Il cantautore con il singolo “Frutta malinconia“ si prepara al nuovo tour. Partenza dal Forum a dicembre
Il cantautore con il singolo “Frutta malinconia“ si prepara al nuovo tour. Partenza dal Forum a dicembre

Il pezzo guarda al presente col dolce abbrivio dei ricordi.

"Gabriel García Márquez sosteneva che la vita non è tanto quel che ti succede, ma quel che ti ricordi del passato e come te lo ricordi. Insomma, l’espressione di chi siamo è filtrata da quel che abbiamo vissuto e, soprattutto, dalla memoria che ne conserviamo. Questo perché il nostro cervello tende ad eliminare un po’ della malinconia di questa frutta per lasciare la dolcezza".

Quell’ ‘illogica allegria’ di cui parlava Gaber.

"Diciamo una sorta di allegria liberatoria. Tutti dovremmo avere il desiderio, se non il bisogno, di cambiare le cose. E quando prendi atto che questa necessità non è poi così diffusa forse un po’ di allegria, seppur illogica, è l’unica scappatoia che resta".

Nel pezzo c’è pure la voce del Signor G.

"La canzone parla del ‘mare di dubbi in un cielo di sì’ di questi anni affannati da ‘avanti, indietro, su e giù, di qua, di là, a destra, sinistra’ davanti a cui mi è sembrato giusto far dire ‘basta!’ a Gaber in persona. Quello di ‘Destra Sinistra’. I suoi eredi editoriali hanno ascoltato la canzone e mi hanno concesso di usare quel campionamento vocale gratuitamente, cosa che mi inorgoglisce molto".

Spiazzato dai tempi?

"Oltre a questo spasmodico bisogno di essere quel che non siamo, di avere quel che non abbiamo, a spiazzarmi è la ricerca di una velocità di comunicazione che finisce col prescindere da ogni approfondimento. Per andare a fondo delle cose, infatti, occorre tempo. Altrimenti diventa veloce e poco profondo pure vivere l’emozione e il sentimento".

E se uno avesse tempo per approfondire questo suo decennio di musica, cosa scoprirebbe?

"Probabilmente la parte più intimista della mia musica. Il pubblico più attento già la conosce, ma quello che m’ha scoperto grazie ad ‘Occidentali’s Karma’, ‘Amen’ o ‘Viceversa’ magari no. Parlo del mio lato cantautorale più alternativo".

Un verso di “Frutta malinconia” parla delle “scarpe di Travolta al Festival”.

"Considerato il fatto che nel brano non mancano sguardi provocatori all’oggi, quel riferimento è una delle prime cose che mi sono venute in mente".

A proposito di Sanremo, com’è andata con Fiorella Mannoia?

"Quando m’ha proposto di cantare assieme al Festival la sera dei duetti ho detto immediatamente di sì, felicissimo di condividere quel palco con lei. Anche per mettere a tacere in maniera simpatica eventuali polemiche e ipotesi di rivalità scaturite proprio lì nel 2017 in occasione di quella vittoria che le ho un po’ soffiato. Uno tra i più grandi imbarazzi della mia vita".

Si mise pure in ginocchio?

"Probabilmente il mio inconscio ha un lato nobile, di cui ignoro l’esistenza, che mi spinge a fare cose così".

Ora l’attende un tour nei palasport. Debutto il 19 dicembre dal Forum di Assago.

"Sulla locandina il nome è ancora coperto, per creare un po’ di suspence nell’attesa che mi venga in mente la definizione giusta per il tipo di show che voglio portare nelle arene".

Se non fosse andata nella musica cosa avrebbe fatto?

"Un mestiere capace di mettermi a contatto con la natura. Il contadino, ad esempio. Mi sarei creato, magari, un’azienda agricola per la produzione di frutta biologica".

La canzone non di Gabbani che la insegue di più in questo periodo?

"Probabilmente ‘Attenti al lupo’ di Lucio Dalla. Semplicemente strepitosa. Un tormentone con una doppia lettura in cui mi ritrovo molto. Una volta il grandissimo Ron, autore del testo e della musica, mi ha raccontato che l’idea della ‘casetta piccola così’ gli è venuta davanti alla finestrella della cucina di sua nonna".