Prato, 13 giugno 2023 – Scontroso, ribelle, testardo, orgoglioso, pieno di talento, affamato di amore, con gli occhi sempre in cerca di qualcosa. Un po’ randagio, sempre solitario, seduttore ma vulnerabile, spesso ferito e affondato dalle donne dei suoi film. Francesco Nuti era così: specialmente nei primi film, una figura chapliniana, con la giacca di velluto a costine che gli cadeva dalle spalle, con i riccioli scolpiti, da David di Michelangelo. Con l’aria sempre randagia, di chi cerca di scampare alle trappole della vita, e di trovare amore.
Francesco Nuti, nato a Firenze il 17 maggio del 1955, cresciuto a Narnali, una frazione di Prato, scomparso ieri a Roma a 68 anni dopo un lungo crepuscolo di malattia, non è stato soltanto un grande attore comico. Erano più forti, in lui, la tenerezza, lo struggimento, la voglia disperata di amore. L’immensa solitudine che a volte sapeva raccontare. Come quando entrava in un bar, in una Prato notturna e semideserta, e diceva al barista Novello Novelli: "Madonna… che silenzio c’è stasera. Anzi: Maaaaadonnna, che silenzio c’è stasera! O meglio: maaaaaaaaaaadonnnnnnna, che silenzio c’è stasera!". Come i grandi artisti, sapeva prolungare le gag oltre il limite immaginabile, sapeva giocare con le parole all’infinito. "Chi tace acconsente", gli diceva sempre Novello Novelli. "No, chi tace sta zitto!". E continuavano, per minuti. C’erano il nonsense, c’erano sapori antichi, nella sua comicità. C’era il sapore del cinema di Chaplin, o di Vittorio De Sica, nel suo girovagare, e nel suo modo di dialogare con i bambini. C’era il cinema americano (quel titolo, Casablanca, Casablanca, che strizza l’occhio a Bogart), nei suoi film di biliardo e di donne bellissime: Giuliana De Sio, Ornella Muti, Sabrina Ferilli, Isabella Ferrari, Francesca Neri.
E dentro i suoi film c’è lui, solitario anche quando era in trio con i Giancattivi, che lo avevano scoperto e portato in tv a Non stop, e poi al cinema, con Ad ovest di Paperino (’81). Un titolo bello come una poesia surrealista: non tutti sanno che Paperino è un quartiere di Prato. Dopo quel primo film, Francesco proseguì da solo. Individualista, ambizioso. Il primo film che interpreta da solo, Madonna che silenzio c’è stasera, 1982, con la regia di Maurizio Ponzi, è già un esercizio di poesia, fra epiche battaglie con i telai di Prato che ricordano Tempi moderni di Chaplin e sogni impossibili, come quello di arrivare al Machu Picchu, orizzonte irraggiungibile, da una città di provincia. Da una città di provincia come Prato, invece, Nuti ha saputo conquistare il pubblico, tutto. Dopo Io, Chiara e lo Scuro, Son contento e Casablanca, Casablanca, nel 1985, inizia a scrivere i film insieme a Giovanni Veronesi. Nasceranno Tutta colpa del Paradiso, Stregati, Caruso Pascoski di padre polacco, Willy Signori e vengo da lontano, Donne con le gonne. Tutti grandi successi al botteghino, con lui anche regista.
Poi qualche cosa si inceppa: OcchioPinocchio, nel 1994, è un film ambizioso, che sfora il budget di molto più del prevedibile, e che risulta un flop al box office. È un colpo duro per Francesco. Che riesce a riprendere quota, con Il signor Quindicipalle nel 1998 e con Io amo Andrea, l’anno successivo. Ma l’alcol, la depressione, qualche amore che non va come dovrebbe lo rendono ferito, fragile. È del 2006 la scena più tragica, quella che non è in nessun film. La caduta, in casa. Il coma, l’operazione chirurgica d’urgenza, la lunga riabilitazione in istituti specializzati. Il pubblico, la gente che continuerà a chiedere, per anni: "Ma Francesco quando torna a fare un film?". Non sarebbe tornato mai più a girare, non poteva. Rimane sulla sedia a rotelle.
Lo ricorda Giuliana De Sio, l’attrice che con lui interpretò Io, Chiara e lo Scuro e Casablanca, Casablanca, e che fu anche legata a lui da una storia sentimentale. "Affiorano tutti insieme le risate, le cene, le cantate con la chitarra, il primo ciak spaesato a Tangeri, in Marocco, sembra ieri. È troppo presto per andarsene", nota l’attrice. "Ma a dirla tutta, Francesco ci ha lasciato tanto tempo fa. Quella di Francesco è una parabola misteriosa. Quella di uno che ha avuto tutto e ha deciso di perdere tutto. È caduto, dentro, molto prima che cadesse fisicamente. La sua è stata un’autodistruzione che non mi sono mai spiegata".