Quanta strada hanno fatto le donne. Per secoli considerate esseri destinati alla riproduzione, troppo sciocche per esprimersi o votare, giudicate oggetti del desiderio o femme fatale, raramente valorizzate per qualità che non fossero fisiche. Infatti, il progresso c’è stato; spesso pagato a caro prezzo. Diritti che oggi sembrano universali sono costati vite e sofferenze. Eppure c’è ancora molta strada da fare. Nel romanzo Sorelle spaiate (Giunti) di Lucia Esposito, si incontrano due mondi femminili agli antipodi. Siamo negli anni ’90: Viola, aspirante giornalista, determinata e talentuosa, è una donna emancipata che si scontra con un ambiente maschilista. Dall’altra parte c’è Ershela, giovane albanese vittima di un amore che l’ha condotta in Italia, trasformandola in una prostituta. Le due donne si incontrano per un’ora e mezza, e in quel breve momento si riflettono l’una nell’altra: lontane ma vicine, diverse ma uguali. Viola guarda al futuro, al cambiamento; Ershela è una schiava, costretta a vendersi, privata di tutto, perfino della possibilità di inviare una lettera – non avendo nemmeno i soldi per un francobollo. Le lettere di Ershela, struggenti e autentiche, raccontano una realtà drammatica. Sono pagine che Esposito ha custodito per trent’anni, prima di trovare la forza di pubblicarle.
"Questo libro – dice l’autrice nel nostro vodcast “Il piacere della lettura“ – racconta della sorellanza che nasce dal legame di sangue, ma anche delle sorelle di cuore. Quelle donne che si incontrano lungo la strada della vita, che non hanno nessun legame, nulla in comune, e che restano legate per sempre, forse quanto e più di due sorelle di sangue".
La prostituzione è un tema centrale del romanzo. "Queste ragazze erano schiave, in mano a uomini che le trattavano come un oggetto, anzi, in gergo questi gruppi criminali le chiamavano “le bestie“. Ad Ershela era stato tolto tutto: il nome, la dignità, la libertà. Non era più una persona, era nulla". Nel libro emerge la figura di don Luigi, ispirato a don Oreste Benzi, il "prete delle prostitute", che di notte percorreva le statali della riviera romagnola, cercando di salvare queste ragazze: un’opera importantissima che nemmeno lo Stato ha mai provato a fare. "Lui era convinto che nessuna donna fa la prostituta perché vuole farlo. Ridava loro dignità. Voleva sgominare il racket che c’era dietro".
Nell’ora e mezza trascorsa con Viola / Lucia, Ershela le mostra la potenza e il valore della parola. "Il silenzio crea muri", diceva. Attraverso il dialogo, scritto o parlato, si abbattono distanze e si costruiscono ponti. Ershela ci insegna a parlare, a non alzare muri, ad allontanare chi ci fa del male, perché se fa male non è amore, e a godere anche dei piccoli spiragli di gioia. "Le sue lettere sono un inno alla vita e alla speranza. Anche nell’abisso si può scorgere la luce".