Giovedì 26 Settembre 2024

"Sono una Balena piena di umanità"

Brendan Fraser nel film di Aronofsky pesa 300 chili: "Il personaggio si fa del male, ma stimola il meglio negli altri"

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The Whale, la balena, è il titolo dello straordinario film di Darren Aronofsky, presentato ieri in concorso. La balena del film è il protagonista, un irriconoscibile Brendan Fraser, imprigionato in un carcere di grasso, murato vivo in un corpo di quasi trecento chili, inchiodato a un divano come la madre di Buon compleanno, Gilbert Grape – uno dei primi film con Leonardo DiCaprio – o come i personaggi di Vite al limite, in televisione. Spiaggiato in una casa che è già una tomba, con attacchi di asma, di panico, divorando avidamente hamburger per poi strozzarsi e rischiare di morire, Brendan Fraser nel film cerca di rimettere insieme i cocci del rapporto con la figlia – interpretata da Sadie Sink, bravissima – che ha abbandonato, quando ha distrutto il matrimonio perdendo la testa per un ragazzo, un allievo.

Un film straziante, sulla devastazione del proprio corpo – come già Il cigno nero e The Wrestler con un irriconoscibile Mickey Rourke – e sui sensi di colpa, sul dolore, sull’assenza di Dio, e sulla generosità. Sul riuscire a pensare che le persone sono buone, meravigliose anche quando sono ispide, feroci, gravide di rabbia contro di noi. E tutto questo si incarna nei 300 chili di Fraser. La metà dei quali sono di lattice e protesi, l’altra metà sono proprio suoi. La carriera di questo attore – lanciatissimo con La mummia – è una sorta di via crucis: incidenti sul set dei film d’azione, tante operazioni, un ginocchio ricostruito, la separazione dalla moglie nel 2008, la depressione, l’accumulo di peso. Era scomparso dai radar.

"Io mi sono accorto di lui per caso", dice il regista Darren Aronofsky. "Avevo già parlato con tutti gli attori del mondo, da dieci anni pensavo a questo film. Poi, in un piccolo film brasiliano, in una particina secondaria, vedo lui. Onestamente, non lo avevo visto ne La mummia. Ma quando l’ho visto, sono stato folgorato". “The Whale“ non è solo quell’uomo che si trascina per una casa di cui sembra di sentire il cattivo odore. È anche la balena del romanzo di Melville, il Moby Dick di cui parla un breve tema. L’unica pagina “onesta“, fra le mille che legge quotidianamente il protagonista, professore di letteratura online.

"Ho amato subito questo personaggio", dice Brendan Fraser, che certamente ha colto qui, e affrontato alla grande, il ruolo della vita.

"È un personaggio che fa emergere il meglio negli altri, e che è tuttavia il peggior nemico di se stesso. Cerca di recuperare il rapporto con la figlia, sa che il tempo che gli è rimasto è poco. Manifesta, fisicamente, il suo tormento interiore, i suoi sensi di colpa. E io lo ho trovato vicino. E mi ha fatto capire che, dietro le porte chiuse degli appartamenti, ci sono storie pazzesche, che nessuno racconta". O forse sì, qualcuno come Darren Aronofsky, che è riuscito a racchiudere un mondo intero in una stanza. E che riesce a mettere dentro un film intessuto di dialoghi sconvolgenti mille pensieri sull’onestà, sulla letteratura, sulla solitudine dell’uomo, sulla nostra desolazione.

Giovanni Bogani