'Selfie' è un documentario che indaga in modo onesto e diretto la vita di due adolescenti che vivono nel Rione Traiano di Napoli, un quartiere difficile dove la criminalità organizzata è presente in maniera massiccia e dove un giovane innocente può morire a causa di un colpo esploso da un carabiniere. Scritto e diretto da Agostino Ferrente, il film uscirà giovedì 30 maggio nelle sale cinematografiche italiane e questo è tutto ciò che possiamo raccontare per inquadrarlo.
SELFIE, IL FILM DOCUMENTARIO
L'idea del film, che giustifica anche il titolo, è stata di affidare a due sedicenni del Rione Traiano, Alessandro e Pietro, un iPhone a testa e di chiedere loro di riprendersi, raccontando la loro amicizia, il posto in cui vivono e anche il ricordo di Davide Bifolco, che nell'estate del 2014 morì a sedici anni per mano di un carabiniere che l'aveva scambiato per un latitante.
I due ragazzi hanno fatto dunque da attori e da operatori di ripresa, sotto la guida attenta del regista e sceneggiatore foggiano Agostino Ferrente, nato nel 1971 e molto apprezzato soprattutto per i documentari 'L'orchestra di Piazza Vittorio' (2007) e 'Le cose belle' (2013).
LA STORIA DI DAVIDE BIFOLCO
A fare da sfondo alle storie di Alessandro e Pietro c'è la vicenda tragica di Davide Bifolco, che nella notte fra il 4 e il 5 settembre 2014 si trova a bordo di uno scooter insieme ad altri due ragazzi. Quando una pattuglia di carabinieri intima di fermarsi, loro non lo fanno e così inizia un inseguimento.
I militari dell'arma ritengono erroneamente che Bifolco sia un'altra persona, cioè un ricercato scappato agli arresti domiciliari e, come da protocollo, si preparano a un eventuale scontro a fuoco mettendo il colpo in canna. Alla fine, a causa di un inciampo (questa è la versione sostenuta dai carabinieri), il colpo viene esploso e centra Davide. Morirà poco dopo, in ospedale.
CAMMINARE SUL FILO DI UNA LAMA
Agostino Ferrente non intende realizzare un film di denuncia sulla violenza delle forze dell'ordine, anche se è chiaro che i suoi protagonisti fanno propria una versione diversa da quella dei carabinieri (la stessa sostenuta dalla famiglia Bifolco).
Ciò che gli interessa è raccontare cosa significa abitare in un posto come il Rione Traiano, dove la presenza dello Stato è scarsa, la povertà è molta e i giovani e giovanissimi vivono nella consapevolezza che potrebbero morire per errore o ritrovarsi coinvolti dalla criminalità organizzata (una forte tentazione, in zone dove guadagnare di che vivere può essere arduo).
Sulla carta si trattava di un racconto difficilissimo, perché il rischio era che 'Selfie' diventasse un film a tesi oppure facilmente assolutorio. Per fortuna, i protagonisti Alessandro e Pietro hanno rivelato una sensibilità notevolissima.
IL TRAILER
Nel trailer i sottotitoli non sono presenti, ma quando il film arriverà nelle sale italiane ci saranno, così da non penalizzare gli spettatori poco avvezzi alla parlata napoletana.
GUARDARE SENZA PREGIUDIZI
Il senso ultimo di 'Selfie' è riassunto efficacemente in queste parole di Agostino Ferrente, che si riferiscono ai giorni immediatamente successivi alla morte di Davide Bifolco: "Se ne era parlato molto tra giornali e talk show e mi aveva colpito la facilità con cui un ragazzino colpevole solo di avere l'età sbagliata nel momento e nel posto sbagliati, per molti era diventato il colpevole e non la vittima: a poche ore dalla notizia il tritacarne del pregiudizio sociale aveva già sentenziato che si trattava di un potenziale delinquente e che quindi, in fondo, era solo uno in meno".
Il racconto di Alessandro e Pietro è proprio questo, il tentativo di farci guardare senza pregiudizi a un contesto difficile e spesso a cavallo fra legalità e illegalità, ma non condannabile a priori e nella sua interezza. È la ragione per la quale 'Selfie' è stato molto ben recensito dopo il passaggio al Festival di Berlino 2019.
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