Roma, 13 novembre 2024 – Esce domani in Italia – in anticipo su Stati Uniti e Gran Bretagna – Il gladiatore 2. Sangue e arena, spade e pettorali scintillanti, Colossei e colossali battaglie. Rinoceronti in fiamme al largo dei bastioni di Orione, imperatori feroci, guerrieri impavidi: l’attesa, l’hype, come dicono quelli bravi, è altissima. Per il debutto americano, gli analisti prevedono 65 milioni di dollari di incassi, una manna per il box office americano, affossato dai flop di Megalopolis di Coppola e di Joker: folie à deux. Un gladiatore potrebbe risollevare le sorti del cinema mondiale. Ma il vero gladiatore, a pensarci un attimo, è lui: George Ridley Scott. Ottantasette fra quindici giorni. Instancabile nel macinare cinema: Tutti i soldi del mondo, quando riuscì a rigirare le scene in tempo record facendo sparire Kevin Spacey dal film, e poi House of Gucci, il Napoleon con Joaquin Phoenix e, appena finito il montaggio di quello, rieccolo sul set del Gladiatore 2.
Ridley Scott. Un signore di 86 anni che riesce a gestire un film enorme, spettacolare, mastodontico, denso di battaglie, farcito di comparse. Un cinema kolossal che riecheggia i capolavori degli anni ’50 e ’60: Quo vadis?, Ben Hur e Spartacus. E tutto questo, nonostante non abbia potuto girare nel più comodo parco giochi della romanità cinematografica, Cinecittà, dove si era già sistemato Roland Emmerich, per la sua serie sui gladiatori Those About to Die con Anthony Hopkins.
Scott non si è perso d’animo. Ha girato in Marocco e a Malta con il suo fido direttore della fotografia, John Mathieson. E ha creato un film possente, gigantesco, enfatico e spettacolare. Un sequel che arriva ventiquattro anni dopo il primo Gladiatore, quello vincitore nel 2001 di 5 premi Oscar (film, Crowe attore protagonista, costumi, sonoro, effetti speciali) con Joaquin Phoenix-Commodo e il divo Russell-Massimo Decimo Meridio, che grida "Al mio segnale…". A scatenare l’inferno questa volta è Paul Mescal, 28 anni, già una candidatura all’Oscar per Aftersun e una grande popolarità conquistata fra i giovani nel ruolo del fragile Connell nella serie Normal People tratta dal bestseller di Sally Rooney.
È lui Lucio, ridotto in schiavitù in seguito alla conquista romana della Numidia, l’attuale Algeria. È stato il generale Marco Acacio, interpretato dal nuovo sex symbol cileno-statunitense Pedro Pascal, a farlo prigioniero. Così, il protagonista, proprio come nel primo film, si ritrova schiavo a covare vendetta. La insegue combattendo come gladiatore nell’arena del Colosseo. Intorno a lui, due imperatori gemelli, Geta – Joseph Quinn – e Caracalla – Fred Hechinger – che pallidi e ossigenati ricordano il Fellini Satyricon. Ma anche un Denzel Washington superlativo, nel ruolo di Macrino. È lui il mentore di Lucio, ma il suo passato nasconde motivazioni torbide.
È lo stesso Denzel Washington a parlare del lato corrotto del suo personaggio: "Andrebbe a letto col diavolo, pur di ottenere il dominio. Pensa solo a distruggere e possedere", ha detto Washington alla stampa. "Nasconde segreti, vuole solo sopravvivere e accumulare potere". Dell’interpretazione di Denzel Washington si parla già in termini entusiastici e in chiave Oscar: sarebbe il suo terzo, dopo quelli vinti per Gloria e per Training Day. Al momento del casting dell’attore, si scatenarono le polemiche: il Macrino che ci consegna la Storia non è descritto come un uomo di colore, quale Denzel Washington. Ma, a dire il vero, non è che Ridley Scott si sia sempre stracciato le vesti pur di rispettare l’esattezza storica. In altre parole, gliene è sempre importato pochissimo.
Anche in questo film, c’è già chi ha spulciato le immagini alla ricerca di inesattezze. La prima è proprio all’inizio del film, e riguarda la "conquista" della Numidia, che all’epoca in cui il film si svolge era già provincia romana da secoli. Gli imperatori in carica, invece, sono Caracalla e Geta: nella realtà non hanno mai regnato insieme. Caracalla assassinò il fratello Geta, e applicò su di lui la damnatio memoriae. E il Colosseo viene chiamato Colosseo, anche se all’epoca veniva chiamato Anfiteatro Flavio: il nome Colosseo gli è stato dato molto più tardi. Il resto delle incongruenze scopritele voi. Oppure lasciate perdere, e lasciatevi affascinare da un film sfacciatamente, e sontuosamente, pop.