Mercoledì 17 Luglio 2024
GLORIA ROSELLI
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Scoperto il ‘suono’ dell’Universo: “Come un ristorante rumoroso con tanta gente che ti parla intorno”

Gli scienziati hanno potuto ascoltare per la prima volta il rumore di fondo dello spazio utilizzando una rete composta dai maggiori radiotelescopi al mondo. Sarebbe “simile a un ronzio”

Parigi, 29 giugno 2023 – Qual è il rumore di fondo dell’universo? Gli astronomi se lo sono chiesto per anni e dopo un quarto di secolo per la prima volta hanno potuto ascoltare, “con la precisione di un orologio”, il ‘ronzio’ emesso dal vortice dei buchi neri. L’eccezionale risultato è stato raggiunto nell’ambito di un progetto di collaborazione tra i maggiori radiotelescopi al mondo.

"Un momento magico”, ha commentato Maura McLaughlin del network americano Pulsar Search Collaboratory. Un rumore di fondo continuo che Michael Keith, dell’European Pulsing Timing Array (EPTA), paragona a quello che si può sentire in “ristorante rumoroso, con tanta gente che ti parla intorno”.

Una vera e propria “finestra sull’Universo”, come la definisce Gilles Theureau, astronomo dell’Osservatorio Paris-PSL, alla quale si è arrivati grazie a una tecnica inedita per la rilevazione delle onde gravitazionali.

Scoperto il 'rumore' di fondo dell'Universo
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Che cosa sono le onde gravitazionali

Albert Einstein le aveva già ‘predette’ oltre cento anni fa, nel 1916, ma solo in tempi recenti sono state rilevate e studiate nel dettaglio. Si tratta di oscillazioni, minuscole distorsioni dello spazio-tempo: si potrebbero immaginare come le increspature dell’acqua sulla superficie di uno stagno. 

Tali oscillazioni, che si propagano alla velocità della luce, sono generate dall’effetto dei violenti venti cosmici che a loro volta hanno origine da fenomeni di enorme portata, come la collisione di due buchi neri. Nonostante la loro origine sia dovuta a fenomeni massicci, il loro segnale è estremamente tenue. 

Una prima svolta nell’individuazione del loro rumore è stata nel 2015, quando due grandi rilevatori di onde gravitazionali, Ligo negli Stati Uniti e Virgo in Europa, hanno colto un brevissimo fremito – della durata inferiore a un secondo – dalle collisioni tra buchi neri stellari, questi ultimi di una massa dieci volte superiore a quella del Sole.

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Gli strumenti impiegati per la scoperta

A differenza di 8 anni fa, questa volta il segnale captato è stato di durata maggiore e lascia intravedere dietro di sè un fenomeno ben più ampio. Onde gravitazionali generate da buchi neri di una grandezza che va “da diversi milioni a diversi miliardi di volte la massa del Sole”, come ha spiegato Gilles Theureau, tra i coordinatori dei lavori.

A catturare il ‘suono’ dell’Universo sono stati i radiotelescopi dell’International Consortium Pulsar Timing Array (IPTA), una fitta rete di apparecchi disseminata tra Europa, Nord America, India, Australia e Cina.

Per arrivare a questa importante scoperta, gli scienziati dello spazio hanno impiegato un nuovo strumento, o meglio, delle stelle: le pulsar della Via Lattea. 

La rotazione di questi ‘oggetti’ dello spazio, della massa di uno o due soli compressa in una sfera di circa 10 chilometri di diametro, è molto veloce e può arrivare fino a 700 giri al secondo. Tale moto costante produce radiazioni magnetiche ai poli, simili a raggi di un faro, che si possono rilevare grazie alle onde radio emesse a basse frequenze. 

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Il ‘rumore’ dello spazio

Ma veniamo al ‘ronzio’: a ogni giro le pulsar emettono dei ‘beep’ così regolari che queste stelle possono essere paragonate a ‘orologi naturali’, come spiega Lucas Guillemot, scienziato di Orleans. 

Dopo aver elencato dei gruppi di pulsar per ottenere una ‘maglia celeste’ nello spazio-tempo, il team di studiosi è riuscito a misurare una minuscola interruzione nel loro ticchettio. “Un cambiamento inferiore a un milionesimo di secondo in più”, chiarisce Antoine Petiteau, della Commissione per l'energia atomica. Dei ritardi segno di un “disturbo comune a tutte le pulsar”, secondo Gilles Theureau: la firma caratteristica delle onde gravitazionali.

Le misurazioni effettuate per captare le ‘note’ di fondo non consentono ancora di capire se questo ‘rumore’ tradisca la presenza di qualche coppia di buchi neri o di un’intera popolazione.

Ciò che è certo è che le ricerche proseguiranno, con l’obiettivo di riuscire a chiarire se questo fenomeno sia correlato alla formazione dei buchi neri super-massicci. La possibilità che tutto ciò accada per puro caso è, infatti, “meno di una su un milione”, fanno sapere l'Osservatorio di Parigi, il CNRS, il Cea e le università di Orleans e Parigi.