Roma, 13 luglio 2023 – Sciopero di attori e sceneggiatori a Hollywood. Mentre in Italia siamo alle prese con la querelle sullo stop dei trasporti, dall’altra parte dell’Oceano sta per verificarsi un evento epocale. Già, perché l’ultima volta che le due categorie avevano incrociato le braccia insieme era il 1960, ben 63 anni fa. Allora, a capo dell'ordine degli attori (che allora si chiamava Screen Actors Guild) c'era Ronald Reagan, futuro presidente degli Stati Uniti.
Perché scatta lo sciopero? La trama è semplice quanto nota: la contrattazione tra i produttori e gli interpreti di cinema e tv è saltata alla mezzanotte di Los Angeles (le 9 in Italia). Il sindacato Sag-Aftra ha quindi deciso ufficialmente la mobilitazione questa mattina e venerdì le star del piccolo e grande schermo si uniranno ai colleghi scrittori nei picchetti che da inizio maggio paralizzano l'industria dello spettacolo statunitense.
Gli attori avevano già scioperato contro l'industria cinematografica e televisiva dal 1980, ma una protesta contemporanea con gli sceneggiatori non si vedeva dal 1960.
Il comunicato
Sag-Aftra, l'ordine che riunisce circa 160.000 attori, ha diffuso un comunicato in cui spiega le ragioni dello sciopero. "Dopo più di quattro settimane di trattativa, l'Alliance of Motion Picture and Television Producers (Amptp), l'associazione che rappresenta i principali studi di produzione e di streaming - tra cui Amazon, Apple, Disney, NBCUniversal, Netflix, Paramount, Sony e Warner Bros Discovery - non si è mostrata disponibile a offrirci un accordo equo”, si legge nella nota. “Dall'inizio dei negoziati, il 7 giugno, - prosegue il comunicato - i nostri rappresentanti hanno investito ogni giorno, fine settimana e festività, a lavorare per un accordo che proteggesse noi attori e artisti. Negli ultimi dieci anni, il nostro compenso è stato gravemente eroso dall'ascesa dello streaming. Inoltre, l'intelligenza artificiale rappresenta una minaccia cruciale per le professioni creative e tutti gli attori e gli artisti meritano un contratto che li tuteli dallo sfruttamento del proprio volto e talento senza consenso e retribuzione. L'Amptp ha negato che gli enormi cambiamenti in corso nell'industria dello spettacolo e nell'economia in generale abbiano un impatto nefasto su chi lavora per loro. Le risposte dei produttori alle nostre proposte non sono state adeguate. I 90 anni della nostra storia sindacale, sono la prova di quello che possiamo raggiungere se restiamo uniti e determinati. Per il futuro della nostra professione, restiamo uniti”.
Un’ora dopo ecco spuntare il comunicato degli Studios: “Siamo profondamente delusi dal fatto che la Sag-Aftra abbia deciso di abbandonare la vertenza”, scrivono i produttori verso l’una di notte, a tavolo saltato. “È stata una scelta del sindacato, non nostra. Ha respinto la nostra offerta di un aumento storico dello stipendio minimo e dei diritti d'autore, tetti molto più alti ai contributi pensionistici e sanitari e una protezione rivoluzionaria dall'intelligenza artificiale. Invece che continuare a trattare, il sindacato ci mette tutti in una situazione che aggraverà le difficoltà economiche di chi lavora nell'industria dello spettacolo e dipende da essa per il proprio sostentamento”.