Domenica 22 Dicembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

Lo strano dinosauro istrice scoperto in Patagonia

Viveva in Argentina ed era una specie di brontosauro con gli aculei, utili per spaventare i nemici

Ricostruzione artistica del Bajadasaurus (Foto: Jorge A. González)

Un gruppo di studiosi ha scoperto un dinosauro che sembra un bizzarro incrocio tra un brontosauro… e un istrice. È stato chiamato Bajadasaurus pronuspinax e viveva nella preistoria nell'antica Patagonia circa 140 milioni di anni fa. UN FOSSILE MAI VISTO PRIMA Lo scheletro del dinosauro è stato rinvenuto nel 2013, in Argentina, nei pressi della Bajada Colorada (da qui il nome Bajadasaurus). I resti comprendevano la quasi totalità del cranio e un intero osso della colonna vertebrale, munito di un curioso spuntone. Dopo anni di scrupolosi confronti e ricostruzioni, l'animale è ufficialmente entrato nei manuali di paleontologia, in rappresentanza di una specie del tutto nuova. UN PO' MENO GIGANTE DEL SOLITO Secondo i ricercatori argentini del CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas) l'erbivoro è riconducibile al gruppo dei sauropodi, dinosauri dal collo lungo che potevano raggiungere, dalla coda alla testa, lunghezze superiori ai trenta metri. Nel caso B. pronuspinax le dimensioni erano tuttavia più contenute, al massimo 9-10 metri. UN TRUCCO PER SCORAGGIARE I PREDATORI L'originalità del Bajadasaurus risiede nelle lunghe spine appuntite che correvano lungo il suo collo e la sua schiena. Lo scopo degli "aculei" era probabilmente quella di tenere alla larga i predatori, sebbene non si possa escludere un coinvolgimento in una funzione meno affascinante, ma altrettanto pratica: la regolazione della temperatura corporea. I ricercatori sembrano comunque propendere per la prima ipotesi, arrivando a supporre che gli spuntoni fossero ricoperti di un robusto strato di cheratina e assomigliassero alle corna a vite delle antilopi. "Arriva un carnivoro, vede una gigantesca struttura spinosa e ci pensa due volte", ha spiegato il coordinatore dell'equipe Pablo Gallina. La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports.