Roma, 5 giugno 2024 – Se c’è un evento della storia contemporanea che per molti versi può essere considerato uno spartiacque è lo sbarco in Normandia. Se le truppe alleate non fossero giunte sulle spiagge di Utah e Omah all’alba di quel 6 giugno del 1944, esattamente 80 anni, forse le vite di milioni di cittadini europei oggi non sarebbero le stesse.
Il coraggio e i sacrifici umani profusi permisero a USA, Canada, Regno Unito e alla parte della Francia già libera dal giogo nazista di aprire un secondo fronte contro Hitler, generando così un’offensiva che, dopo tanti sforzi, avrebbe portato ad una sudata vittoria. Otto decenni dopo, il D-Day viene dunque celebrato come uno dei più grandi avvenimenti che l’umanità intera abbia mai vissuto.
Sbarco in Normandia: cosa accadde
Furono tre le forze in campo per sgominare lo strapotere tedesco in quella parte del Vecchio Continente: gli Alleati misero in azione forze navali, aeree e terrestri, un tridente che, per loro fortuna, avrebbe sortito gli effetti sperati.
Intorno alle 6 del mattino del 6 giugno, i paracadutisti delle forze alleate volarono su alcuni punti strategici nel Nord della Francia, dopodiché le truppe di terra sbarcarono su cinque spiagge prescelte. Entro la fine di quella giornata, gli Alleati avevano stabilito un punto d'appoggio lungo la costa, riuscendo in quel modo a proseguire con più facilità la loro avanzata in territorio francese. Il traguardo finale, raggiunto pur a fronte di enormi perdite umane, era l’apertura di un secondo fronte occidentale che, combinato con l’avanzata sovietica, avrebbe stretto i nazisti in una morsa difficile da contrastare. Già a dicembre del 1941 gli alleati si erano posti come principale obiettivo quello di porre fine alla dominazione tedesca ma per fare questo sarebbe per l’appunto stato necessario attaccare le truppe teutoniche anche da un altro lato, alleviando così la pressione sull’Unione Sovietica a Est.
La liberazione della Francia avrebbe indebolito la posizione complessiva della Germania nell’Europa occidentale. L’invasione, in caso di successo, avrebbe senza dubbio prosciugato le risorse tedesche e bloccato il loro accesso ai principali siti militari.
Furono necessari anni per pianificare il tutto. Per quanto i dettagli vennero effettivamente messi nero su bianco dopo lo svolgimento della Conferenza di Teheran nell’autunno del 1943, i generali alleati cominciarono il loro lavoro di preparazione già a partire dall’evacuazione di Dunkerque nel 1940 (una storia, quest’ultima, raccontata anche dal kolossal di Christopher Nolan del 2017 con Harry Styles). Il merito della riuscita dell’operazione, per il resto, va dato anche e soprattutto al generale Frederick Morgan e alla sua squadra di ufficiali britannici, americani e canadesi, che iniziarono a mettere a punto i piani per l’invasione mesi prima, nel luglio del 1943.
I numeri
Quando si parla di D-Day spesso si fa riferimento ai suoi numeri: mai fino a quel momento (e il record è rimasto imbattuto) era stato necessario un simile dispendio di forze militari per un’operazione anfibia. Si sta parlando di 18.000 paracadutisti - molti dei quali non vennero intercettati dalla Luftwaffe tedesca - oltre a 156.000 soldati e 20.000 veicoli di terra. A livello navale, il D-Day richiese l’utilizzo di 1.213 navi da guerra, 736 navi appoggio, 864 navi da carico e infine 4.126 mezzi da sbarco. Gravissime le perdite, anche per gli stessi alleati, che videro morire un numero di uomini stimato tra le 2.500 e le 4.500 unità.
Non solo D-Day
Pensare che la Seconda Guerra Mondiale sia stata vinta dagli alleati solo in funzione del D-Day sarebbe in realtà piuttosto riduttivo. Per quanto si sia effettivamente trattato di un momento cruciale per la risoluzione del conflitto mondiale e la caduta di Adolf Hitler, la storia ci insegna al contempo come tutta la lunga operazione in Normandia debba essere necessariamente presa in considerazione per comprendere meglio lo sviluppo successivo degli eventi.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, si trattò soltanto del primo step verso un percorso decisamente più accidentato che avrebbe condotto le truppe sbarcate in Normandia a Berlino nel giro di un mese e mezzo circa.
Il bocage, vale a dire il tipico paesaggio normanno caratterizzato da vicoli infossati delimitati da siepi alte e fitte, era difficile da penetrare e regalava alle truppe tedesche un vantaggio non indifferente. Nonostante le difficoltà riscontrate, gli Alleati riuscirono poi nel loro intento, raggiungendo com’è noto la città di Berlino a luglio del 1945, e supportando così i sovietici già giunti sul posto due mesi prima sfondando il fronte orientale. A quel punto Hitler non ebbe più scampo.
I film che parlano dello sbarco in Normandia
Per quanto crudo, è ovvio che lo sbarco in Normandia si presti benissimo alla trasposizione cinematografica, e non è certo un caso se nel corso degli anni un nutrito gruppo di registi abbia cercato di dare dell’evento, tragico e spettacolare al contempo, la propria personale interpretazione.
Ci sono pochi dubbi rispetto al fatto che la pellicola più celebre in questo senso sia ‘Salvate il Soldato Ryan’, con protagonista Tom Hanks nei panni del capitano Miller, che insieme ai suoi commilitoni viene invitato a portare a termine quella che sulla carta sembra essere una vera e propria missione suicida, ovvero salvare Ryan, l’ultimo superstite di un gruppo di quattro fratelli inviati al fronte.
L’opera è stata diretta da Steven Spielberg e ha rappresentato per il regista il secondo tentativo di trasporre alcuni dei momenti più drammatici del conflitto mondiale dopo lo straziante ‘Schindler's List’. Ma in realtà la cinematografia dedicata al D-Day è ben più ricca di così: tra i film che hanno raccontato l’evento, in modo più o meno romanzato, vale la pena di ricordare anche ‘Operazione Overlord’ di Stuart Cooper, ‘Tempo di guerra, tempo di azione’ di Arthur Hiller o ancora ‘Operazione Normandia’ di Henry Koster.