Mercoledì 29 Gennaio 2025
ANDREA SPINELLI
Sanremo

Zanicchi all’Ariston: "Vittorie, gioie e lacrime. Riprendi questa mano, Festival di Sanremo"

Il ritorno di Iva per ritirare il Premio alla carriera, a 60 anni dalla prima gara "Il momento più bello? Con Bobby Solo. Il più brutto: la morte di Tenco".

Sanremo, 29 gennaio 2025 – "Ma sì, visti i sessant’anni dal mio primo Sanremo un po’ ci speravo" ammette Iva Zanicchi commentando il Premio alla Carriera che fra due settimane la riporta in Riviera dopo undici partecipazioni e tre vittorie. "Anche se a certe cose ci tieni, alla mia età tutto scivola come l’acqua sullo specchio e di rimanermene a casa non me ne facevo certo una malattia. Così, quando nel bel mezzo di un pranzo domenicale con la famiglia un cameriere del ristorante s’è presentato con la bottiglia di spumante offerta dalla casa, ho chiesto perché. “Ma come, non lo sa? Conti ha appena annunciato la sua partecipazione al Festival“. Mia figlia Michela è scoppiata a ridere e ho capito. L’ho redarguita con un “sei proprio una stupidina“ (che per il glossario di Iva è davvero il minimo sindacale - ndr), ma è stata una sorpresa bellissima. E ringrazio Carlo del pensiero".

Dei suoi undici Festival, qual è il primo che le viene in mente?

Zanicchi all’Ariston: "Vittorie, gioie e lacrime. Riprendi questa mano,. Festival di Sanremo"
Il ritorno di Iva per ritirare il Premio alla carriera, a 60 anni dalla prima gara "Il momento più bello? Con Bobby Solo. Il più brutto: la morte di Tenco".

"La vittoria con Zingara del ’69 con Bobby Solo. Il mio Sanremo più bello. Un 13° posto valso come una vittoria è stato, invece, il mio secondo Festival, quello del ’66, in cui ho cantato La notte dell’addio. Un discografico, infatti, mi disse che non ero caratterialmente adatta ad affrontare i grandi eventi e che mi avrebbero fatto tentare quell’anno per poi lasciarmi libera di seguire altre strade. Figurarsi l’animo con cui andai in scena. Al di là del piazzamento, superai invece felicemente la prova. Ricordo pure la vittoria del ’74 con Ciao cara, come stai?, del tutto imprevista".

Perché?

"Perché ero in tour con Walter Chiari, quando ricevetti la telefonata del mio discografico che mi disse “vai a Sanremo“. Obiettai che avevo le repliche a teatro di Tra noi, ma lui riuscì a farmi dare quattro giorni quattro di permesso togliendomi pure il gusto di festeggiare la vittoria, visto che il giorno dopo la finale ero già in scena a Bergamo".

La vittoria più amara dev’essere stata quella di Non pensare a me nell’edizione del ’67 funestata dalla tragedia di Luigi Tenco.

"Venendo da un paesino di montagna, quindi con un senso di comunità molto forte, per me era normale che davanti ad un lutto del genere il Festival venisse sospeso per qualche giorno. E invece no. Vinsi in coppia con Claudio Villa, ma dietro le quinte, una volta spente le telecamere, iniziai a piangere come un vitello. Renata Mauro, conduttrice di quella edizione con Mike Bongiorno, venne a chiedermi il perché di tanta commozione e le risposi che non era per la vittoria ma per l’ingiustizia di dover gioire mentre quel povero ragazzo all’obitorio aspettava ancora di essere seppellito. Un brutto momento, riscattato poi però dal successo di Non pensare a me, che mi portò in giro per il mondo".

Un grandissimo con cui le sarebbe piaciuto condividere quel palco?

"Ce ne sono tanti, a partire da Domenico Modugno che stimavo moltissimo. Oppure Francesco De Gregori, un mio pallino".

C’è una partecipazione che eliminerebbe dalla lista dei suoi Sanremo?

"Probabilmente quella del ’68, nonostante una canzone bellissima come Per vivere di Umberto Bindi a cui ho poi chiesto perdono mille volte. Accettai di andare al Festival nonostante avessi partorito Michela da appena due mesi, non ci stavo con la testa e scappavo di continuo in albergo da lei. Se con Udo Jürgens fallimmo la finale fu solo per colpa mia".

Quest’anno chi seguirà con particolare attenzione?

"Sono molto curiosa di sentire Marcella, che m’hanno detto avere una canzone accattivante, ma anche Giorgia, che amo da sempre, ed Elodie".

Ascoltando i brani dei suoi colleghi le sarà capitato di dire: mannaggia, questo avrei voluto cantarlo io…

"Sì, almeno tre volte. Con La voce del silenzio, Ma che freddo fa e L’immensità che i discografici nel ’67 non mi permisero di cantare dicendo che, se avessi voluto vincere quell’edizione, avrei dovuto portare Non pensare a me col ‘Reuccio’ Villa. Calcolo giusto, ma che peccato…".