“Credo nello sguardo della Gioconda e nei disegni dei bambini…” recita Simone Cristicchi preparando in una boutique milanese, quella dell’amico Antonio Marras, i piani di volo del suo Sanremo. Quel “Credo” recitato nei suoi spettacoli come inno alla bellezza e alla vita con cui, nell’imminenza del Festival, si denuda all’orecchio dell’ascoltatore per sussurrargli le tenerezze velate di rabbia di ‘Quando sarai piccola’, il brano in cui racconta la madre Luciana finita in terapia intensiva e tornata a essere come una bambina. Ed è proprio quell’anima intrappolata in una corazza di bimba a renderla una “nonna speciale” per i figli del cantautore romano, 48 anni proprio oggi, affascinati da quel sorriso “capace d’illuminare il mondo”.
Simone quand’è nata “Quando sarai piccola”?
“L’ho scritta durante la pandemia. Aveva delle potenzialità, ma aspettava il suo momento. Ringrazio Carlo Conti d’averlo capito. Pur affrontando un argomento che bisogna trattare con i guanti di velluto, per me è stata una canzone terapeutica, a suo modo universale, perché tira fuori sentimenti che appartengono probabilmente alla vita di tanti”.
L’ha scritta con Nicola Brunialti ed Erika Mineo, anzi Amara, sua compagna di viaggio e di vita.
“Un’anima pura, che ha reso la mia esistenza meravigliosa. E mi ha pure salvato la vita quando, tagliando la legna con una motosega, l’attrezzo ha preso fuoco e io, per lo spavento, sono scivolato, squarciandomi la testa su una pietra. Non fosse stato per l’intervento di Erika, sarei morto dissanguato. Mentre scrivevamo questo brano su mia madre è stata lei a suggerirmi di metterci, oltre alla tenerezza, il senso d’impotenza che si prova davanti a certi cambiamenti e alla fatica di doverli accettare”.
Una necessità con cui ha iniziato a fare i conti fin da piccolo.
“Ho perso mio padre all’età di dieci anni, trasformando pian piano quel dolore in creatività, quell’ombra che mi portavo dentro in luce, scrivendo poesie, disegnando fumetti (è stato allievo di Jacovitti - ndr), componendo canzoni. Se non avessi trovato lo sfogo dell’arte sarei stato un uomo solo, violento e chiuso in me stesso”.
I tempi non aiutano.
“Siamo in piena epidemia di solitudine e i medici, oltre ai farmaci, prescrivono spesso relazioni umane. Tra minacce di guerra nucleare, pazzi sanguinari, guerrafondai che governano il mondo e intelligenze artificiali stupide non riusciamo a immaginarci il domani. Questa è la misura del disastro. E dobbiamo opporre resistenza al nulla che avanza cercando quella piccola scintilla che sappia rischiarare l’oscurità”.
Il brano sarà contenuto pure nella riedizione del suo ultimo album “Dalle tenebre alla luce” in uscita il 14 febbraio.
“Quando sono guarito dalle ferite riportate nell’incidente domestico, la prima cosa che ho detto è stata: voglio incidere le canzoni dei miei spettacoli. Ne ho portati in scena una dozzina e avevo quindi abbastanza materiale per rompere un silenzio discografico di undici anni”.
Come vede il cast di questa 75esima edizione?
“Conti ha riportato al Festival la canzone d’autore con artisti meravigliosi quali Brunori Sas o Lucio Corsi, che è la vera novità di quest’anno. Insieme ci sentiamo in una sorta di riserva indiana chiamata a portare avanti la bandiera di chi ci ha insegnato a scrivere canzoni”.
Nella serata delle cover canterà con Amara ‘La cura’ di Franco Battiato.
“Tutto è nato quattro anni fa all’Arena di Verona, in occasione dell’omaggio a Battiato Invito al viaggio dove ho interpretato Lode all’Inviolato. Nessuno ha mai interpretato prima La cura al Festival se non lo stesso Battiato, nell’edizione del 2007, quella che ho vinto io con Ti regalerò una rosa. Tutto torna, dunque”.