Lunedì 20 Gennaio 2025
Andrea Spinelli
Sanremo

Verso Sanremo, Conti in difesa: “Killa, Tony Effe & C.? Giudico solo le canzoni”

Il conduttore presenta in anteprima alla stampa i brani dei trenta Big all’Ariston. “I rapper tra ultrà e misoginia? Sono qui non per la loro vita, ma per cantare”

Milano, 20 gennaio 2025 – “Sanremo avrai sempre un posto speciale nel mio cuore” scrive Damiano David sui social prenotando un posto all’Ariston mercoledì 12 febbraio. È lui il secondo ospite speciale di questa 75ª edizione del Festival, in programma dall’11 al 15 febbraio, dopo il Jovanotti atteso la sera prima (o la prima sera che fa lo stesso). Ad annunciare l’arrivo in Riviera del frontman dei Måneskin è stato lo stesso Carlo Conti svelando a Milano, negli studi Rai di Corso Sempione, le trenta canzoni in gara. “Trenta sono anche poche, perché in lista potevano essercene almeno altre sei” ha minacciato il lider maximo. “Preferisco avere un ospite in meno e due o tre brani in più in gara, perché credo ci sia una varietà abbastanza rappresentativa anche se mi dispiace manchi il tassello del rock perché non sono arrivati i brani”.

Carlo Conti
Carlo Conti

Tema caldo del prossimo Sanremo la presenza in gara di Fedez, Tony Effe, Emis Killa finiti per ragioni diverse (dissing misogini i primi due, contatti con il mondo degli ultrà milanese sotto inchiesta il terzo) nel gorgo della cronaca. "Con quale autorità si dice no a una canzone meritevole", risponde Conti a difesa della scelta di accoglierli. "Non sono un magistrato e a me di un artista interessa come si comporta su quel palco e cosa canta". All’Ariston i tre rapper mostreranno la propria conversione al pop: Tony Effe con una canzone su Roma un po’ alla Califano, Emis con un brano sui demoni che si porta dentro e Fedez con una claustrofobica, dilaniata "Battito" ("prenditi i sogni / pure i miei soldi / basta che resti lontana da me / vedo il bicchiere mezzo pieno / con due gocce di veleno"). Autobiografica? Ah saperlo.

Alcuni dei 30 big in gara a Sanremo
Alcuni dei 30 big in gara a Sanremo

Conti ha voluto riprendere la strada per Sanremo lì dove l’aveva lasciata. Ovvero la vittoria di “Occidentalis Karma” alzando subito il volume di un Francesco Gabbani che, con la complicità di Pacifico, nella nuova “Viva la vita” racconta a passo di valzer “il battito, il lungo battito” dell’esistenza. Fra gli autori la più richiesta è Federica Abbate, che ne firma sette, seguita da Davide Simonetta, Davide Petrella, ma non mancano pure Blanco, Madame, Mahmood, Calcutta, Tiziano Ferro, Nek, Dardust, Mace, Paolo Antonacci. Delle tre canzoni firmate da Blanco, le altre sono “Se t’innamori muori” di Noemi e “La cura per me” di Giorgia, la “Lentamente” di Irama è la ballad di maggior pathos nonostante l’autotune e quel modo di cantare non amato proprio da tutti. Altra ballatona quella di Achille Lauro che in “Incoscienti giovani” racconta due cuori e una piazzola di servizio (“se non mi ami muoio giovane / ti chiamerò da un Autogrill / tra trecento vite o giù di lì”) con le efficaci incursioni di un sax anni Ottanta. “In quasi tutti i brani si affrontano rapporti personali o interpersonali” spiega il conduttore e direttore artistico fiorentino. “Si parla più del micromondo che del macromondo, forse anche per sfuggire da ciò che di gravissimo accade attorno a noi”.

“Storie tristi” e “aspettative basse” per Willie Peyote, al secolo Guglielmo Bruno, con una “Grazie ma no grazie” che cita pure il tormentone sanremese per eccellenza: la puntuale esclusione dalla gara della coppia Ricci-Drusian (“Tu vorresti che la gente ti capisse, la ami come se lei ricambiasse / e c’hai provato anche più volte dei Jalisse, ma l’insistenza non è mai così di classe”). Cinque autori, anzi sei con lui stesso, sostengo il ritorno al Festival di Rkomi con una “Il ritmo delle cose” che lascia il tempo un po’ il tempo che trova, salvo il pensiero a Piero Manzoni e alla sua opera più famosa quando parla di “m** d’artista”. I Modà in “Non ti dimentico”, brano di oggi che avrebbe potuto essere stato scritto dieci anni fa, citano canzoni che gli squarciano il petto e quadri di Kandinsky “dove immaginarmi tutto”. Le note gentili di questa edizione sono quelle di Lucio Corsi e della sua aerea “Volevo essere un duro”, in cui il cantautore maremmano ammette con una lievità d’altri tempi “non ho mai perso tempo / è lui che mi ha lasciato indietro”, ma anche di Simone Cristicchi che in “Quando sarai piccola” racconta con tenerezza, nei panni di figlio, la demenza senile di una madre da prendere in braccio “leggera come una bambina sull’altalena”.

Marcella in “Pelle diamante” si dà della mina vagante, della combattente, della “str**za, forse, ma sorprendente”, mentre Massimo Ranieri col placet di Tiziano Ferro e Nek, punta su una “Tra le mani un cuore” introspettiva, notturna, in bilico tra contrabbassi, violini e un sax sotto la luna. Sarah Toscano in “Amarcord”, cita Édith Piaf, i Coma_Cose con “Cuoricini” guardano ai più giovani col pensiero alle radio e a Tik Tok, Gaia in “Chiamo io chiami tu” ricorda un po’ la Nannini di “Fotoromanza” (“chiamo io chiami tu / chi è il primo che cede stasera”). “Quando prendi a calci la poesia / ma che bella sei / nella tua solitudine” canta Elodie, senza sorprendere se non per la confezione di una “Dimenticarsi alle 7” da accompagnare col carisma e i generosi décolleté a cui ha abituato i fans.

Giorgia con “La cura per me” offre, grazie a Blanco e Michelangelo, una prova d’artista caratterizzata da archi e molti cambi di tonalità per ricordarsi che “tutto passa / ma scordarti non so ancora come si faccia / qualcosa lo devo rovinare / nascondo una lacrima nel mare, ferito / voglio andare avanti all’infinito / trovarti dentro gli occhi di un cane smarrito”. Olly “Balorda nostalgia” e il Bresh de “La tana del granchio” mettono in campo due brani molto fisici. Tra le montagne che partoriscono il proverbiale topolino trovano posto, ad un primo ascolto, la canzone di Clara (Soccini), quella “Febbre” firmata da Ettorre, Abbate e Dardust (pardon, Dario Faini) con cui s’immerge in un turbine di archi ed elettronica per ricordare quanto “un sentimento che si rompe taglia come il vetro”. ha età / ftu fissala forte dentro gli occhi / spara al centro qui la notte non ci fotte”). Francesca Michielin in “Fango in paradiso” una ballata incisiva. Fascinosa Joan Thielenonostante un testo a tratti aspro come quello di “Eco”.

Sabor latino per i The Kolors e la loro “Tu con chi fai l’amore”, caliente tormentino radiofonico col pensiero alla bella stagione in cui “mi piaci un minimo” fa rima con “mi aspetti a Mykonos”. In “Fuorilegge” Rose Villain rifà sé stessa con una dance martellante e richiami gospel (“C’è quel film che ti piaceva alla tv / sembra che stia parlando di noi”), così come rifà sé stesso. Al debutto davanti alle telecamere del Festival, Brunori Sas non rischia sovrapponendo visioni della canzone d’autore alla De Gregori e alla Niccolò Fabi per ammettere “conosco benissimo le dimensioni del mio cuore / e posso navigare anche in assenza di stella polare”.

Se Fedez, Emis Killa, Tony Effe, Bresh, fanno altro, la scomparsa del rap dai radar di questa edizione è contrastata un filo da Rocco Hunt, con quella “Mille vote ancora” in cui prende in prestito il napoletano per raccontare vita e malavita della sua città ricordando “aggio sbagliato a prendermi le colpe / a pensare: potevo fare di più / ad immaginare ‘nu finale diverso”, e dal funkettone di Shablo assieme a Guè, Joshua e Tormento ne “La mia parola”. Se Hunt ricorre al napoletano, Serena Brancale infarcisce il testo di “Anema e core” con espressioni della sua Puglia e un pout-pourrì un po’ da decifrare (“Io con te vorrei ballare salsa, tipo soli soli sulla Rambla, Maria Callas canta!”).