
Un notevole contrasto nel costume di Achille Lauro: a sinistra nel 2022, a destra nel 2025
Il Festival di Sanremo è da sempre un evento in grado di riflettere il clima culturale del Paese. Negli ultimi anni, la kermesse ci aveva abituati a palcoscenici sempre più aperti alla libertà di espressione e alla rappresentazione delle identità LGBTQ+, con momenti di forte impatto mediatico. Basti ricordare il bacio tra Fedez e Rosa Chemical nel 2023, che scatenò polemiche e dibattiti su quanto il Festival potesse o dovesse essere terreno di provocazione e cambiamento sociale. Quest’anno, però, il Festival sembra aver cambiato rotta, scegliendo un’impostazione più istituzionale e meno apertamente queer.
Già dalla costruzione del cast e delle performance, è apparso evidente un ritorno a una dimensione più tradizionale. L’inclusività, se presente, non è stata esibita con gesti eclatanti o simboli che potessero generare discussioni accese. Il Festival di Sanremo 2025 ha dato la sensazione di essere stato pensato per un pubblico più ampio e generalista, “adatto a tutta la famiglia”, con una linea meno incline alla provocazione rispetto agli anni passati.
A molti questa scelta è sembrata una risposta alle polemiche che avevano accompagnato le edizioni precedenti, spesso criticate da alcuni tasselli dell’opinione pubblica e della politica per un presunto eccesso di spettacolarizzazione di temi considerati divisivi. Il risultato? Un Sanremo che ha puntato tutto sulla musica e sulla qualità degli artisti, evitando qualsiasi elemento che potesse risultare troppo dirompente.

Come sempre, il cambiamento non ha lasciato indifferente il pubblico. Da una parte, c’è chi ha apprezzato questa scelta come un ritorno alla centralità della musica, senza “distrazioni” o elementi considerati fuori luogo in un contesto che dovrebbe rimanere principalmente – appunto – musicale. Dall’altra, però, c’è chi vede in questa edizione un passo indietro rispetto alla capacità del Festival di essere non solo una vetrina musicale, ma anche un evento capace di rappresentare la società contemporanea nelle sue sfumature più attuali.
Il confronto tra il Sanremo di oggi e quello di due o tre anni fa appare inevitabile. Se le edizioni recenti avevano dato l’impressione di un Festival in grado di abbracciare il cambiamento, questa sembra aver scelto un percorso decisamente più cauto. E questo non è necessariamente un bene o un male: dipende da cosa si cerca in Sanremo.
Al di là del dibattito sulla direzione culturale del Festival, al centro rimane la musica. Il cast degli artisti ha cercato di trovare un equilibrio tra tradizione e innovazione, con una line-up che ha incluso grandi nomi della scena italiana e nuove leve. La qualità musicale c’è stata, ma resta da capire se questo sarà sufficiente per far sì che Sanremo mantenga il suo status di evento culturale rilevante e non solo di gara canora.
Ciò che è certo è che Sanremo 2025 ha fatto parlare di sé, anche per quello che non c’è stato. Il Festival è ancora il termometro del Paese o ha semplicemente scelto di adattarsi a una nuova fase storica, più conservatrice e meno incline alla rottura? La risposta, come sempre, la darà il pubblico.