Roma, 13 dicembre 2024 – Un “commesso addetto alla vendita”, a seconda del contratto collettivo applicato, può percepire una retribuzione mensile marcatamente diversa, con scostamenti che raggiungono i 415 euro mensili in più o in meno. Nel caso di un “capo reparto” i differenziali retributivi scendono a 155 euro mensili, restando ugualmente significativi. Sono solo due degli esempi concreti possibili di che cosa sia il dumping contrattuale praticato attraverso il proliferare degli accordi “pirata”. Con il risultato complessivo che vi sono lavoratori con stipendi talmente diversi, che si può arrivare a una differenza in più o in meno di oltre 7.100 euro annui.
A dare conto e rivelare l’impatto dei contratti “pirata” (all’origine di disparità e lavoro povero) sulle retribuzioni è la ricerca, prima del suo genere, realizzata sotto la guida della professoressa Silvia Ciucciovino, ordinaria di Diritto del Lavoro all’Università degli Studi Roma Tre che, con un pool di ricercatori ha comparato quattro contratti collettivi nazionali del lavoro del terziario per individuare le componenti differenziali dei trattamenti economico-normativi previsti. Due persone, dunque, che fanno lo stesso lavoro, svolgono la stessa identica mansione, hanno lo stesso livello di inquadramento e la stessa anzianità, spesso non guadagnano la stessa remunerazione. Anzi, di disparità e disuguaglianze, dal report citato ne emergono tante.
Sono i numeri a parlare. Nei contratti presi in esame, quello tra Uiltucs, Filcams e Fisascat e Confcommercio, da un lato, e gli altri tre, Cisal Anpit, Cifa Confsal, e Federterziario Ugl dall’altro, compaiono disparità di trattamenti evidenti. Qualche esempio: il “commesso addetto alla vendita” parte dai 1.718,75 euro previsti dal contratto Confcommercio, scende ai 1.649,24 euro con l’applicazione di quello Federterziario Ugl, tocca i 1.650,11 euro con l’applicazione del Cifa Confsal e sprofonda a 1.304, 55 euro per Anpit. Si tratta di un lavoratore che svolge lo stesso identico lavoro e le stesse identiche mansioni. Non solo. I “capi reparto”, come accennato, hanno fino a 155 euro al mese in meno in busta paga, e lo “specialista” nel terziario percepisce ben 319,57 euro mensili in meno.
Non solo la paga base ma anche le maggiorazioni presentano variazioni rilevanti e ci sono differenze abissali. Se per il lavoro straordinario entro e oltre le 48 ore non emergono differenze, differenze percentuali di rilevo si riscontrano in riferimento alle maggiorazioni legate al lavoro notturno (con un differenziale tra i contratti del 5%), lavoro straordinario festivo (differenza del 5%) e festivo diurno (differenza del 16%). Ancor più nette le distanze percentuali emerse dall’analisi dello straordinario notturno (20%), straordinario festivo notturno (34%) e straordinario notturno festivo (15%). Né la situazione cambia per i permessi retribuiti. Con una notevole differenza. Il contratto cosiddetto Confcommercio prevede una maturazione di permessi retribuiti annuali di 72 ore, che, sommate a quelle dei permessi ex festività contrattualmente riconosciuti (pari a 32 ore), porta a un totale di 104 ore annue di permessi retribuiti. Il Ccnl Anpit, invece, per fare un esempio, prevede esclusivamente i permessi retribuiti (comprensivi anche delle ex festività) nella misura di 32 ore annue.
Ma se questi sono gli effetti del dumping, senza che vi sia la possibilità oggi di rimediare neanche a livello giurisdizionale, come si può evitare che la pratica dei contratti “pirata”, con le conseguenti iniquità, venga neutralizzata per il futuro? Una risposta arriva da Alessandro Maria Contucci, segretario generale della Uiltucs di Roma e del Lazio, che ha contribuito alla ricerca. “Il fenomeno della proliferazione contrattuale nel terziario, e non solo, con impatti negativi in termini economici e normativi per i lavoratori – spiega – è strettamente collegato al tema della qualità del lavoro e del lavoro povero. È sempre più urgente, dunque, un intervento normativo che dia valore a quei contratti che riescono a garantire maggiori tutele normative ed economiche per i lavoratori e le lavoratrici: è necessaria una legge sulla rappresentanza per impedire che si possano applicare contratti con differenziali di reddito annuale lordo, a parità di mansione, di 7.103 euro”.