Lunedì 20 Gennaio 2025
ANDREA SPINELLI
Sanremo

Sanremo 2025, il debutto di Lucio Corsi: “Io, da Carlo a Carlo. Qui per sognare”

Il cantautore lanciato dalla serie tv di Verdone ambientata sulla Riviera dei fiori. "Conti ha trasformato una bugia in una storia vera. Nata dalla passione blues".

Lucio Corsi, 31 anni, in gara a Sanremo con il brano 'Volevo essere un duro'

Lucio Corsi, 31 anni, in gara a Sanremo con il brano 'Volevo essere un duro'

Roma, 20 gennaio 2025 – Da Carlo a Carlo. Con Sanremo sullo sfondo. Il riflettore in più acceso su Lucio Corsi dalla terza stagione della serie tv di Verdone ha convinto pure Conti, soddisfattissimo di averlo in gara sul palco di questo 75° Festival con ‘Volevo essere un duro’. Dice lui: "Forse avrei dovuto chiudere meglio i bordi dello specchio in cui sono riflesso per evitare che l’immagine se ne scappasse di lato per andarsene in cerca di fortuna sul palco dell’Ariston". Un po’ come l’ombra di Peter Pan. Anche se Corsi, più che dalla fiaba di J. M. Barrie, sembra uscito da un romanzo di Ferenc Molnár come quel János Boka che "raramente si trovava ad aver detto qualche sciocchezza e non aveva nessuna inclinazione per le ragazzate". E siccome è strano sentirsi un maremmano a Milano (il cielo perdoni la citazione), Lucio, 31 anni, inizia l’avventura tra i tavoli di una trattoria meneghina simile a quella aperta da sua nonna alla fine degli anni Cinquanta a Macchiascandona, Grosseto, per crogiolarsi tra gli stessi umori del borgo natio, magari in compagnia di filosofi da desco come quel Mario “Millelire” dalla folta barba e le molte primavere con cui si dà appuntamento lì a pranzo ogni giorno.

Nella fiction Carlo Verdone veste i panni di direttore artistico del Festival.

"Quello vissuta con Verdone sul piccolo schermo s’è rivelata essere una storia vera sotto forma di bugia, solo che non lo sapevo ancora. Non amo molto, infatti, le gare perché penso che la musica non sia competizione. Quelle si fanno con le motociclette. Le canzoni devono essere dei dolci inganni capaci di portarci da un’altra parte; non hanno bisogno di stare coi piedi per terra, mentre la vita di tutti i giorni sì".

A marzo arriverà un album e poi un tour atteso pure a a Bologna il 13 aprile, Firenze il 16 e Milano il 29.

"Dopo tanti anni di concerti in solitudine è bello fare un’esperienza del genere, spero di stare in tour tutta la vita, come Dylan col suo Never ending tour".

Ma a lei chi o cosa le ha fatto scoccare la scintilla?

"Dopo aver visto il film di John Landis ho iniziato pure io a sognare una vita da fratello blues. Anzi, m’ero scritto pure Luca Corsi sulle dita come Elwood dei Blues Brothers. Pure io in missione per conto di Dio. Ecco perché, anche se sono abituato all’occhio della telecamera meno di quello delle persone, ho detto sì a Verdone, che è un vero bluesman: la passione si sposa con quell’anima lì".

E se non avesse fatto il cantante?

"Da appassionato della velocità, avrei fatto il designer di automobili. Oppure il paleontologo, o l’entomologo visto il mio interesse per le cerambici delle querce, ma anche per quelle larve di cetonia a cui da ragazzo ho dedicato una canzone, Inno alla larva".

Nella serata del venerdì meglio la cover o la canzone in gara reinventata come accadeva nei Sanremo di Baglioni?

"Meglio offrire un altro volto del brano in gara. Mi sarebbe piaciuto, ad esempio, farlo conoscere in chiave voce e chitarra com’è nato. Giusto, comunque, proporlo con l’orchestra perché occasioni del genere non capitano tutti i giorni. Se la cover serve a mostrare un’altra faccia del cantante che hai davanti, sarebbe interessante allora attingerne una dal suo repertorio. Sul palco del Festival della Canzone Italiana quella bisogna celebrare".

Potendo portare chiunque su quel palco, chi vorrebbe?

"Il sogno proibito è Paolo Conte. Ma anche un’altra figura di compositore affine in qualche modo alla sua come quella di Randy Newman. Certo, ci fossero stati ancora Lucio Dalla, Rino Gaetano o Ivan Graziani…".

Graziani di quale periodo?

"Del primo. Sono particolarmente affezionato, infatti, a I lupi che mio padre mi faceva ascoltare in auto da piccolo. Quelle zanne “come candidi pugnali“ e quegli occhi rossi “da assassini“ mi incutevano terrore. Ma probabilmente è stata proprio quella paura a farmelo amare, facendomi capire la forza icastica della sua musica".