Roma, 19 gennaio 2024 – “È un brano sul rispetto che ci si deve fra partner e al fatto che l’amore non può andare avanti per inerzia. Quando passa, meglio dirsi “I p’me tu p’te’" racconta Emanuele Palumbo, pardon Geolier, a proposito del brano con cui fra poco più di due settimane si regala un Sanremo da protagonista.
Come accaduto un anno fa a Lazza. Destino segnato, il suo, dal fatto di essere il recordman delle vendite degli album in un 2023 che gli ha consegnato 5 dischi di platino per Il coraggio dei bambini consentendogli di mettere in agenda, a soli 23 anni, il padre di tutti i sogni: suonare tra i sacri spalti del “Maradona” di Napoli non per una ma per tre notti, dal 21 al 23 giugno: "tre concerti, ma la festa durerà un mese, come quella per lo scudetto", anticipa lui.
“Duvess vincere, duvess perdere, vulevo cantà in napulitano e farlo è già un successo" ammette poi Geolier, che firma il pezzo assieme ad altri sei autori, tra cui Davide Simonetta, Paolo Antonacci e Michelangelo (produttore di Blanco). "A Napoli di fermento ce n’è sempre stato tanto, anche se in tanti se ne sono accorti mo’. Questo grazie anche a quelle fiction di cui sono superfan. Non vorrei, però, che all’esterno la Napoli percepita fosse solo quella di Mare fuori o di Gomorra, perché penso che la città abbia storie anche più belle da raccontare".
Il suo quartiere, i vicoli, rimangono al centro della sua musica.
"Fare rap significa raccontare la strada, come un giornalista. E io, venendo da Secondigliano, di strada ne ho vissuta tanta. Vado in scena sempre con una foto di Napoli in tasca: se me ne andassi da Napoli perderei tutta la mia “arte“, perderei tutto. Perché nell’animo rimango il ragazzo del rione che vuol convincere l’amministrazione a mettere gli schermi in giro per la città per portare il suo Sanremo nelle piazze".
Maestri?
"Alfieri dell’hip hop partenopeo come Co’ Sang, ma anche il sentimento della musica di Pino (Daniele), quello dei film di Massimo (Troisi), il senso melodico di Gigi (D’Alessio). Ho imparato da tutti e pure la canzone neomelodica m’ha insegnato tanto".
Curiosità: il suo nome come si pronuncia?
"Nemmeno io lo so pronunciare. Dovrei avere, infatti, un’inflessione francese di cui sono sprovvisto. A Napoli, comunque, ogni tre metri il mio nome cambia".
Geolier è un team.
"Pure io lavoro per Geolier. Perché Geolier è un’impresa dietro cui ci sono tante famiglie, a cominciare dalla mia. La musica è stata la bolla in cui sono cresciuto con un’ossessione: dare futuro alla gente che non ce l’ha. Questa è una delle responsabilità più grosse che mi sento sulle spalle".
Tanti impegni per un ragazzo: sente un po’ di stanchezza?
"Il muratore che si spacca la schiena tutto il santo giorno è stanco. Non io".
Cosa sta leggendo?
"Ho appena iniziato Una storia italiana, la biografia di Silvio Berlusconi . Da imprenditore ha creato qualcosa che non esisteva. Così come voglio fare io. Il Berlusconi politico? Non m’interessa".
Col pensiero a Sanremo, un sogno proibito?
"Duettare con 50 Cent. Il suo debutto cinematografico Get rich or die tryin’ mi ha cambiato la vita. Uscito dal cinema mi sono messo alla scoperta della Napoli rap e ho trovato Co’ Sang. Tornando al Festival, l’esibizione di Eminem nel 2001 è stata probabilmente la cosa più potente che si sia vista su quel palco".
Molti non capiranno il testo della sua canzone.
"Ma potranno andarsi a leggere la traduzione in rete. Pino diceva accattateve ‘o groove ".
Il rap è teatro, ma i rapper che sparano per strada no.
"L’arte non può sostituirsi alla scuola o alla famiglia. E le realtà sono molto diverse. Milano è di sicuro più pericolosa di Napoli. A Napoli le donne non si toccano, al Nord sì. A Napoli c’è un ordine nel disordine, altrove non sempre".
Fra i colleghi all’Ariston chi ammira di più?
"Sono amico di Fred De Palma, Ghali e Rose Villain, quindi tifo (un po’) per loro".