Sanremo, 29 gennaio 2025 – Nino Frassica, nella seconda serata del Festival, mertcoledì 12 febbraio, sarà co-conduttore insieme con Bianca Balti e Cristiano Malgioglio. Cosa farà?
"Non è che agiamo in tre, ognuno avrà il suo momento", risponde Frassica al telefono. "Non è che servono due persone per dire “… canta tizio, dirige il maestro...“. Anzi, Malgioglio sì, lui ha bisogno di qualcun altro. Carlo Conti ha avuto questa idea semi-originale di farsi affiancare alla conduzione. Non porta un comico “ecco a voi“ e poi esce dal palco. Io qualche volta sarò normale e altre volte dirò le mie fregnacce. Il conduttore serio non riesco a farlo, è più forte di me".
Lei è un veterano di Sanremo…
"Ci sono andato 8-9 volte, in varie vesti ma mai come co-conduttore. Al Dopofestival, che fu inventato da Pippo Baudo, facevo il Festival di Scasazza. Una volta sono andato per promuovere Don Matteo con Raul Bova, un’altra facevo la promozione di cibi pronti...".
È andato anche come cantante: nel 2016 eseguì A mare si gioca, una canzone di stretta attualità che parlava di migranti…
"Non ero in gara. Per un attimo sono diventato serio. Ma nella stessa edizione feci l’intervista doppia con Gabriel Garko... Il conduttore non me lo faranno fare mai, sono troppo imprevedibile".
Qual è il suo rapporto con la musica? Al concerto di Capodanno l’abbiamo vista al microfono accompagnato da una band…
"Il teatro, inteso come prosa, non riesco a farlo. Mi esibisco in serate di teatro cabaret, un recital concerto, in cui rovino alcune canzoni intermezzate dai miei pezzi".
Che genere di musica le piace?
"Il rhythm and blues. Ma anche i cantautori italiani classici. Tra i più giovani prediligo Cristicchi e Max Gazzè".
Con il rap come va?
"Malino. Mi può piacere in piccolissime dosi. Se ascolto un brano, quello dopo mi sembra uguale".
Un brano di Sanremo che le è rimasto nel cuore? "Ti regalerò una rosa di Cristicchi. La serata che mi piace di più è quella delle cover, perché hai l’occasione di risentire delle belle canzoni in una versione nuova. C’è l’effetto nostalgia ma anche il piacere della sperimentazione".
Lei ha orecchio? Riesce a capire subito quali brani sono forti?
"Al primo passaggio non me ne piace quasi nessuno. Quelli che gradisco la prima volta di solito poi mi stufano. Alcuni hanno bisogno di tempo, penso a Cammariere, a Gualazzi. Dopo qualche giorno ti acchiappano".
Il Festival riesce a vederlo, dall’inizio alla fine, tutte e 5 le serate?
"Resisto. Mi piace soprattutto in compagnia, quando si commenta anche con cattiveria. Ricordo ancora le risate che ho fatto quando c’era Roberto D’Agostino".
Partecipa anche al voto?
"No".
Non ha nostalgia dei vecchi Sanremo, quando c’era sempre lo spazio destinato al comico?
"Per me no, come spettatore forse sì. Ma Sanremo è un palcoscenico difficile, la gente aspetta la musica. Ho visto pezzi comici di 40 minuti: stancano. Vale anche per gli ospiti. Il pubblico dell’Ariston non è generosissimo, è snob, come quello dei premi. Prima di applaudire, guarda se applaude qualcun altro. È un pubblico che, più che applaudire, vorrebbe essere applaudito".
Qualche amico le ha chiesto di procurargli autografi o altro? "Eh! Tanti mi hanno chiesto come si fa a trovare posto. Ma l’Ariston non è come gli altri teatri. Non ne ho idea.
Autografi?
No. Anzi sì: una mia nipotina mi ha chiesto quello di Damiano. È il più gettonato".
E lei, quale autografo vorrebbe?
"Quello di Jovanotti. Mi diverte molto".