Milano, 15 gennaio 2024 – Italodisco. È un Festival tutto da ballare quello raccontato oggi ai media da Amadeus, svelando le 30 canzoni pronte a darsi battaglia all’Ariston per mettere le mani sul leone con la palma. Summer Hits fuori stagione che coi loro uptempo finiscono per soffiare una brezza estiva sulle cose della musica, ribadendo che pure per il presentatore-dee jay non ci sono più le mezze stagioni. Effetti di un riscaldamento globale arginato solo da un pugno di prodi con le loro ballate ad alto contenuto emotivo. Per Diodato, il solo coi Negramaro ad essersi scritto il brano senza avvalersi dell’intervento di professionisti della parola (o dell’accordo) esterni, l’amore è un rimpianto che lo porta a dire “qui dentro ti muovi / cerchi l’ultima parte di me / che crede ancora che sia possibile”. Amore che spinge Sangiovanni, avvinto da “’sta nostalgia del ca**o”, a chiedere scusa (“con gli errori commessi ci farò una collezione / negli occhi vedrò solo le allucinazioni”) pur sapendo che rimarrà un esercizio inutile.
Alessandra Amoroso dal canto suo ricorre ad una citazione “cinephile” per raccontare il suo disagio con quel “e anche se lentamente cado giù / da un grattacielo / durante il volo / piano dopo piano / mi ripeto / fino a qui tutto bene” che rimanda alla scena iniziale de “L’odio” di Mathieu Kassovitz, sola e smarrita “come Sally / senza avere più voglia / di fare la guerra”. Per l’ugola di Galatina, Vasco è dietro l’angolo così come i Negramaro il Lucio de “La canzone del sole” (“eravamo una canzone di Battisti all’alba / anche senza ‘bionde trecce’”) che nella loro “Ricominciamo tutto” parlano di passioni estatiche ricorrendo pure ad un “count down” formato Cape Canaveral.
Pure i Bnkr44 lambiscono un dalliano “anno che verrà” mettendo un po’ maldestramente nel loro pezzo una citazione ai Queen. “Pazzo di te”, frutto del sodalizio tra Francesco Renga e Nek, così come “Spettacolare” del carneade Maninni sono ballate tradizionalissime che avrebbero potuto essere scritte ieri come vent’anni fa. Perché l’amore è stupido “ma ti fa piangere / prima sorridere e poi / ti vuole uccidere” come canta l’ex Timoria, oppure abbagliante “come il primo giorno d’estate” come lo vede il più indagato signor nessuno di questa edizione.
E poi c’è l’amore di Irama, intenzionato a scrivere con la sua “Tu no” solo “una stupida (e dai) canzone per riuscire a riportarti da me”. Metropolitano il sentimento di Gazzelle (“vorrei guardare il passato con te / addosso al muro col proiettore / viverlo insieme un minuto anche tre / scappare per un po’ da Roma Nord”) ispirato quello de Il Volo (“cadi dal cielo come un capolavoro / prima di te non c’era niente di buono / come se / tu fossi l’unica luce a dare un senso / e questa vita con te / è un capolavoro”), astronomico quello di Mr. Rain (“io e te fermiamo il mondo quando siamo insieme / anche se dura un secondo come le comete”). Sul resto, come detto, si scatena la “torcida” necessaria per tenere lo spettatore sveglio fino alle ore antelucane minacciate dall’inesauribile direttore artistico dallo smoking scintillante.
Cinque ore di diretta a serata, nonostante ieri i tempi netti d’ascolto di tutti e 30 i brani non abbiano superato i 100 minuti. Cinque “consigli illuminanti” che Amadeus dice di aver ricevuto da Pippo Baudo al momento di accollarsi il Festival. E riguardano tutti la formazione della rosa: “Ti devi occupare di tutto tu, le canzoni le devi sentire solo tu, le devi decidere solo tu, le devi conoscere a memoria, gli artisti li devi invitare tu”. Lui dice di averne chiamati personalmente una decina. “Vero che quest'anno la percentuale di uptempo è maggiore di quella delle ballate (2 su 3 ad essere pignoli - ndr), ma non è stata una scelta fatta a tavolino, anche se è vero è che ho cercato di prediligere i cosiddetti tormentoni”. Basta ascoltare i Kolors che, tanto per trapanartelo bene in testa, nel loro pezzo ripetono undici volte l’“hook” “Un ragazzo incontra una ragazza…” o l’ammiccante cumbia di Angelina Mango che col suo accento lucano non lascia scampo (complice il pezzo di Madame) mentre ripete “muoio senza morire in questi giorni usati”. Dopo aver strizzato l’occhio da vicino in estate al Jovanotti di “Bella” con “Bellissimissima”, Alfa sembra volerci riprovare con la KT Tunstall di “Black horse and the cherry tree” evocata dalla sua “Vai!” compreso quell’ “uh uh” malandrino.
I La Sad mettono mano ad un protopunk annacquato, mentre Il Tre ricorda un po’ Lazza con una “Fragili” preda delle sue debolezze. Rappeggiante Clara, mosso Fred De Palma, insinuanti i Santi Francesi. L’attesissimo Geolier canta in napoletano. “Non è più solo musica partenopea, ma nazionale” dice Amadeus. “Non ho avuto la minima esitazione nella scelta”. Dance ad alto potenziale per Annalisa ed Emma, un po’ scontata per Rose Villain (ma provate a stare fermi se ci riuscite), e a sorpresa per i Ricchi e Poveri, che ti strappano dalla poltrona con un pezzo firmato dagli stessi autori di quello di Dargen D’Amico che (auto)cita “Che confusione”. “Il loro era uno dei pezzi che tenevo nel cassetto assieme a quelli di Maninni e The Kolors” rivela “Ama”. “I tre da cui sono partito nella costruzione del cast di quest’anno”.
Mahmood in “Tuta gold” torna a parlare di sé, della sua giovinezza e dei suoi rapporti familiari con riferimento alle critiche che il padre gli aveva rivolto (sul nostro giornale): “Mi hanno fatto bene le offese / quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto / devi ritornartene al tuo paese / lo sai che non porto rancore / anche se papà mi richiederà / di cambiare cognome”. Un po’ meno che nelle altre edizioni l’impatto di temi sociali, anche se la “Mariposa” di Fiorella Mannoia, in bilico tra canzone andina e canzone d’autore con un testo in cui fa riferimento ad “Una nessuna centomila” l’associazione contro la violenza di genere di cui è attivista e portavoce, o “La rabbia non ti basta” di Big Mama affrontano la questione femminile con immagini a tinte forti. “Sono pazza di me perché mi sono odiata abbastanza” dice Loredana Berté in una canzone scritta sulla pelle, prima di ammettere “Non ho bisogno di chi mi perdona, perché lo faccio da sola”. “Siamo più dei salvagenti nella barca” canta, invece, Dargen D’Amico con riferimento ai migranti, mentre Ghali si lascia rapire da un extraterrestre per guardare il cosmo da lontano con le sue incomprensioni. “Qualche canzone a sfondo sociale è arrivata, ma a volte penso sia una scorciatoia” spiega il direttore artistico. “A me il tema sociale interessa solo se abbinato a una canzone forte. Vado dove mi guidano la testa e il cuore”.