Roma, 27 gennaio 2024 – Solo quattro inverni fa Franco Gatti, commentando la reunion dei Ricchi e Poveri a Sanremo, ammetteva che in fondo era giusto riprendere l’avventura in quattro così com’era cominciata. Ma il destino aveva piani diversi. E così il loro tredicesimo Festival li sorprende sul palco dell’Ariston in due.
Ma senza malinconia, come Angela Brambati e Angelo Sotgiu, la “brunetta” e il “biondino” di un’epopea lastricata di dischi d’oro e di platino ai quattro angoli del pianeta, premettono subito parlando dell’assenza del “baffo” e di Ma non tutta la vita , brano dance decisamente in linea coi loro propositi. Sanno che con questa canzone prenderanno tutti alle spalle. E riuscirci, dopo cinquantasette anni di carriera, non gli dispiace affatto.
Perché avete scelto un pezzo spiazzante per questa rentrée?
"È stato Cheope, con cui stavamo lavorando sui testi di alcuni brani, a dirci che un giovane autore (Edwyn Roberts - ndr ) aveva scritto una canzone apposta per noi. Ci siamo resi conto subito che era una hit. E della stessa opinione è stato il nostro produttore Danilo Mancuso".
Ma non tutta la vita è rimasta nel cassetto di Amadeus un anno. Perché?
"Perché, una volta proposta, non ci ha risposto subito e noi abbiamo accettato l’impegno di The Voice. Credendo molto nella possibilità di andare a Sanremo, però, abbiamo resistito alla tentazione di pubblicarla".
I vostri Festival in tre flash?
"Il primo Sanremo non si scorda mai. Quindi diremmo innanzitutto quello del 1970, che affrontammo con La prima cosa bella arrivando secondi, dietro a Celentano, abbinati a Nicola Di Bari. Allora non ci rendevamo conto di cosa fosse Sanremo, oggi sì. Poi non possiamo tralasciare quello dell’81 con la Sarà perché ti amo che ci ha spalancato le porte del mondo. Il terzo è quello che sta per cominciare, perché il bello deve ancora venire e per noi sarà un’emozione enorme".
A volte Sanremo per voi è stato pure frutto del caso.
"Nel ’70 La prima cosa bella avrebbe dovuto portarla in Riviera Gianni Morandi, ma cambiò idea e al Festival andammo noi. Pure Che sarà , l’anno successivo, avrebbe dovuto cantarla Morandi, ma disse no, quindi gli dobbiamo molto. Moltissimo. A dirla tutta, dopo il rifiuto di Gianni, fu l’autore di Che sarà , Jimmy Fontana, a chiedere di portarla al Festival, ma la casa discografica decise che quella canzone o l’avremmo cantata noi o sarebbe rimasta nel cassetto".
Il primo Sanremo senza Gatti. Che effetto vi fa?
"Franco è dentro di noi, anzi è lì sul palco accanto a noi. Non ne parliamo perché è un dolore continuo che non vogliamo acuire".
Per la serata riservata alle collaborazioni avete chiamato Paola & Chiara. Perché?
"Perché sono un duo come noi. Perché sono delle icone della musica italiana. E le stimiamo tantissimo.
Potendo avere chiunque all’Ariston, chi avreste voluto?
"Fosse stato ancora tra noi, Ray Charles. Angela, sicuramente Tom Jones".
Vi manca la Russia?
"Sì, tantissimo. Rinunciare a Russia e Ucraina è un dolore, ma dove ci sono guerra e distruzione non c’è spazio per i Ricchi e Poveri".
Qualche vostro collega la pensa diversamente.
"Non siamo d’accordo. Ci sono dei momenti in cui è sbagliato scegliere di esibirsi".
Che succede da lunedì 12 febbraio?
"Concerti in Kazakistan, Australia, Georgia e altrove. Ma non vediamo l’ora di tornare in Cile, dove due anni fa abbiamo avuto un successo strepitoso. Sembravamo i Beatles".