di Riccardo Jannello
"La fine di un viaggio è appena l’inizio dell’altro. È necessario ricominciare il viaggio. Sempre". E se José Saramago ha raccontato con grande passione ciò che ha visto, c’è chi ha usato studio e immaginazione per descrivere – con sapienza, va detto – luoghi mai visitati e assolutamente lontani dalla propria cultura. Forse Emilio Salgari è – con Jules Verne – il più immaginifico di chi negli ultimi due secoli ha raccontato ciò che per lui stesso era sconosciuto. Sandokan è il suo personaggio più noto di questa letteratura fantasy-esotica che gli ha dato più gloria postuma che in vita – si è suicidato nel 1911 per i suoi insuccessi – continuando a farlo essere uno degli autori più ripubblicati e letti al mondo, addirittura ai vertici nel decennio 2002-2012 come nel ventennio fascista in cui lo scrittore nato a Verona nel 1862 conobbe gli anni d’oro.
Lo svela lo studio di Ann Lawson Lucas, docente di letteratura italiana nelle università di Southampton e Hull in Gran Bretagna, autrice del volume Emilio Salgari. Una mitologia moderna tra letteratura, politica, società. Bibliografia storica generale. Bibliografie ragionate delle opere, della critica e delle pubblicazioni contestuali (1883-2012), appena edito da Olschki. Secondo la Lucas, negli undici anni dal 1920 al 1930 inclusi uscirono 316 edizioni e ristampe autentiche: negli undici anni dal 2002 al 2012 inclusi, il totale approssimativo è di 356 edizioni e ristampe; il picco si riscontra nel 2003 con 67, l’anno meno produttivo il 2009, con sole 3 pubblicazioni.
I titoli cult di Salgari sono ben noti: da Le tigri di Mompracem a I pirati della Malesia e Sandokan alla riscossa; da Il Corsaro Nero a I corsari delle Bermuda fino ad arrivare sulla terraferma con Sulle frontiere del Far West e Il tesoro del presidente del Paraguay. Una cinquantina di titoli che attraversano tutto il mappamondo.
Salgari era un topo di biblioteca: studiava la geografia e la storia dei vari paesi che metteva al servizio del suo forte spirito di immaginazione e avventura: stando comodamente seduto a Verona o a Torino, aveva comunque ben presente l’universo in cui i suoi personaggi si muovevano. Proprio Sandokan, grazie alla trasposizione televisiva del 1976 con la star indiana Kabir Bedi, è patrimonio comune e il prossimo anno tornerà sul piccolo schermo. Anche in questa edizione, come in quella del 1976, il protagonista sarà un sex symbol, stavolta l’attore turco Can Yaman, un poco più distante dalla Malesia ma comunque esotico.
Salgari tentò da giovane di accreditarsi come viaggiatore, ma poi confessò che era tutto frutto della sua fantasia. Una straordinaria fantasia. Come quella di Jules Verne, che usava i suoi viaggi come quello al centro della Terra come metafore, ma che ha anche raccontato avventure possibili: Centomila leghe sotto i mari e Il giro del mondo in 80 giorni che non è per tutti, ma si può fare. Anche lui "viaggiatore da fermo", come lo definirebbe Wes Anderson, il regista che ha coniato il termine per se stesso, volendo significare come la mente riesce a fare più chilometri del corpo. E proprio nel cinema basti pensare a Stanley Kubrick che ha reinventato i suoi fantastici mondi ricostruendoli a Glastonbury, vicino alla sua casa inglese.
Il viaggio "è una malattia sostanzialmente incurabile", diceva Ryszard Kapuscinski, grande scrittore-viaggiatore che di chilometri ne ha percorsi parecchi. Ma è anche possibile, come scrive John Green, innamorarsi "di città che non ho mai visitato". D’altronde William Shakespeare non è mai stato a Verona eppure i suoi due gentiluomini Valentino e Proteo ne sono rappresentazione fedele. E figuriamoci se Dante abbia mai veramente pensato di recarsi all’Inferno. Eppure sembra più vero della realtà.