Napoli, 18 settembre 2024 – Ci sono davvero pochi santi in Italia che possano vantare il medesimo livello di venerazione di San Gennaro, mistico del III secolo che il popolo di Napoli riconosce da sempre come suo patrono, con un affetto e un attaccamento di rara intensità. Il suo culto, che si ricorda ogni 15 settembre, ha una forte connessione con le peripezie vissute dal capoluogo campano nel corso dei secoli, non da ultimo le pestilenze e le eruzioni del vulcano Vesuvio alle porte della città.
La storia del santo
Le vicende di San Gennaro raccontate negli Atti Vaticani, negli Atti Bolognesi, nel Calendario Cartaginese, nel Martirologio Geronimiano e Menologio di Basilio II, fanno riferimento ad un martirio avvenuto durante la persecuzione dei cristiani da parte di Diocleziano: galeotto fu un evento miracoloso (alcune fiere piegarono la testa di fronte ad un gruppo di condannati benedetti da Gennaro), che costò la testa al santo e ai suoi compagni. Ma sono in realtà molti i racconti mistici legati alla sua figura che possiamo ritrovare negli Atti.
Sembra infatti che Gennaro sopravvisse ad una condanna del severo giudice Timoteo, che lo punì per aver fatto proselitismo ordinando che venisse gettato all’interno di una fornace ardente dalla quale, tuttavia, uscì illeso.
Non c’è dubbio però che la credenza più nota riferita al santo sia quella del suo sangue, secondo la tradizione raccolto da una pia donna di nome Eusebia in due distinte ampolle subito dopo la sua decapitazione. Di questa vicenda, che ha portato alla tradizione che i partenopei oggi celebrano tre volte l’anno, se n’è parlato ne ‘Le vite de' sette Santi Protettori di Napoli’, scritto del 1579 da Paolo Regio.
Le reliquie
In un primissimo momento, per volere del vescovo di Napoli Giovanni I, le reliquie del santo vennero trasportate – tra il 413 e il 431 – all’interno delle catacombe napoletane di Capodimonte, che a lungo attirarono proprio per questo loro vanto un numero enorme di fedeli in visita. Poi però arrivò Sicone I, principe longobardo, che scelse di riportare i resti di Gennaro nella città che gli aveva dato i natali. Qui, presso l’allora Santa Maria di Gerusalemme le reliquie rimasero fino al 1154, quando arrivarono a Montevergine, luogo dove sarebbero rimaste fino al loro ritorno definitivo all’ombra del Vesuvio, nel 1497.
Ci sarebbero voluti due secoli affinché in città in onore del santo venisse eretta una nuova cappella, la Reale cappella del Tesoro di san Gennaro, sita al civico 147 di Via Duomo. La chiesa, fulgido esempio dello stile barocco, presenta di fianco anche un Museo del tesoro di San Gennaro, che oggi vanta una straordinaria raccolta di tutti i doni che re, papi e personalità illustri hanno fatto al religioso in ben sette secoli di storia.
Il sangue di San Gennaro
Sono tre gli appuntamenti nel corso dell’anno in occasione dei quali il popolo napoletano resta con il fiato sospeso, in attesa che il sangue di San Gennaro si sciolga. Si tratta del primo sabato di maggio, del 19 settembre e infine del 16 dicembre.
Nella prima di queste occasioni, che dunque può cambiare da un anno all’altro, le reliquie del santo vengono solennemente portate in processione insieme ai busti di altri santi napoletani.
Il secondo evento, quello che corrisponde alla decapitazione, veniva un tempo celebrato nella Cappella del Tesoro, anche se oggi il busto e le reliquie vengono esposte sull’altare maggiore del Duomo per motivi legati all’ingente numero di fedeli che ogni anno vogliono assistere alla cerimonia. Se anche a dicembre il miracolo si ripete, non c’è da avere paura di eventuali cattivi presagi. Al contrario, se il sangue del santo non si liquefa, si dice che la sventura possa abbattersi in città.
Il rito dello scioglimento del sangue di San Gennaro è venerato ma al contempo molto temuto dai locali, perché da esso potrebbero dipendere le sorti cittadine. Ma che cosa c’è di vero? A provare a dare una spiegazione al fenomeno ci si sono messi i ricercatori del CICAP diretti da Luigi Garlaschelli, che in un ricerca pubblicata sulla rivista Nature hanno creato una particolare sostanza capace di liquefarsi a partire dallo stato solido se agitata.
Si tratta ad ogni modo di un mistero molto interessante, perché seppur nelle ampolle sia effettivamente contenuto del sangue (ed è stato dimostrato scientificamente) pare che al suo interno siano presenti anche diverse altre componenti in grado di modificare il proprio stato a seconda di una serie di manipolazioni e condizioni di temperatura. L’ipotesi più accreditata per ora è che nelle ampolle sia contenuto una sostanza cosiddetta tissotropica, il che potrebbe per l’appunto spiegare il fenomeno sul quale, ancora oggi, aleggia il mistero.
D’altra parte, non sempre il sangue si è sciolto e l’ultima volta che ciò è accaduto a molti fedeli il fenomeno non è sembrato per nulla casuale. Dobbiamo infatti ritornare al dicembre del 2020, quando il nostro Paese e il mondo intero erano ancora tormentati dalla pandemia di Covid-19, che nella sua seconda ondata si è dimostrato particolarmente violento.
Ma c’è di più. Sono infatti in molti a ricordare come l’evento mistico non si produsse nemmeno nel 1973, quando in città era scoppiata una terribile epidemia di colera. Celebre poi fu il mancato scioglimento del 1939, lo stesso anno in cui la Germania di Adolf Hitler invase la Polonia generando così il casus belli per la Seconda Guerra Mondiale. I napoletani non assistettero al fenomeno nemmeno in tempi più recenti, nel 1980, lo stesso anno del devastante terremoto dell’Irpinia che uccise più di 2900 persone tra Campania e Basilicata.