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’Mediocri di tutto il mondo, io vi assolvo!’. Conclude così il suo racconto Antonio Salieri. La sua confessione. In un...
’Mediocri di tutto il mondo, io vi assolvo!’. Conclude così il suo racconto Antonio Salieri. La sua confessione. In un angolo buio di un disperato manicomio Settecentesco. Metafora del mondo e delle sue follie. Forse solo della mente confusa di questo musicista devoto, uomo di corte dell’imperatore Giuseppe II d’Austria. Un solido professionista, certo. Ma senza il colpo di classe. All’improvviso corroso dall’invidia quando vede sulla propria strada quel genio immorale di Mozart. Tanto da decidere di avvelenarlo (o forse no). Possibile?
La leggenda pare che venga da lontano. Le prime voci iniziarono a girare poco dopo la morte di Wolfie e nell’Ottocento ci scrisse sopra perfino Puskin. Poi è arrivato il testo teatrale di Peter Shaffer. E improvvisamente tutti hanno cominciato a pensare a Mozart come a una sorta di rockstar ante litteram. Neanche fosse uscito da una canzone di Falco: impossibile non adorarlo. Ammazzato giovanissimo da quell’invidioso di Salieri. Poverino. Sia come sia, a rivedere il film del 1984 di Milos Forman (otto premi Oscar), ci si accorge che invecchia bene. Un carillon perfetto. Per il cinema e per la scena.
Non a caso ripescato con felice intuizione dall’Elfo Puccini. ’Amadeus’ è così diventato la nuova produzione di punta di questa stagione in corso Buenos Aires, in prima nazionale fino al 2 marzo per la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Lunghissima tenitura. Buon segno. Ma d’altronde la locandina del lavoro è decisamente solida. Con finalmente il ritorno alle scene dello stesso Bruni affiancato da Daniele Fedeli nel ruolo del protagonista. Ovvero, uno dei talenti più belli della sua generazione, come si è più volte visto negli spettacoli di Phoebe Zeitgeist e nel fortunatissimo ’Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte’, sempre qui all’Elfo.
Con loro Valeria Andreanò, Riccardo Buffonini, Matteo de Mojana, Alessandro Lussiana, Ginestra Paladino, Umberto Petranca e Luca Toracca. La struttura del progetto proviene invece direttamente dal testo di Shaffer. Che già al debutto nel 1978 aveva sbancato i Tony Award, oltre ai botteghini di Londra e New York. "È un capriccio allucinato e sontuoso – spiegano gli autori –, un apologo che parla dell’invidia, ma anche dell’ammirazione mista a sgomento che ci prende al cospetto di un genio che supera i confini laboriosi e prevedibili del talento. La scena è un salone che il delirio di Salieri trasforma in labirinto. Il ritratto di un passato non più ricomponibile attraverso la ragione, dal quale i personaggi emergono come marionette, vestite dagli abiti di un ‘700 immaginario creato da Antonio Marras, sullo sfondo delle proiezioni fantasmagoriche di una lanterna magica".
Sempre molto stile nelle ultime produzioni dell’Elfo. Figurarsi qui. Dove si gioca con il Secolo dei Lumi e i suoi orizzonti estetici. Ma muovendosi come in bilico fra bellezza e allucinazione. Fascino e disperazione.
Diego Vincenti